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#TFF35 – L’ultimo articolo di Nerina

di il 12/01/2018
 

NOTA DELLA REDAZIONE

Pubblichiamo, pur con grave ritardo e incompleta, questa pagina di Nerina, licenziatasi senza preavviso prima di Natale. Riteniamo doveroso esporre la sua cronaca, anche se esageratamente caustica, a copertura dell’evento per il quale era inviata a nome del nostro sito.
Abbiamo ricevuto poi, qualche giorno fa, un suo volantino elettorale dove mostra, con ogni evidenza, di essere ‘scesa in campo’ come candidato premier alle prossime elezioni politiche in Italia. C’era allegato anche il suo programma elettorale con la richiesta di pubblicizzarlo. La nostra redazione sta ancora discutendo l’opportunità di assecondarla. Nel frattempo godetevi quella che, probabilmente, sarà la sua ultima uscita in veste di critico cinematografico.

NERINA AL TFF35

Adesso basta!
Le mie sorelline e io ci siamo stancate. Abbiamo sferzato e sbeffeggiato registi, sceneggiatori, attori, produttori, nella speranza che mettessero un po’ più di cura e amore nel loro lavoro e un po’ d’umiltà.
Abbiamo ingenuamente pensato che qualche belato fuori dal coro potesse svegliare le coscienze e far riflettere autori e produttori sul fatto che, senza fantasia e coraggio, l’industria del cinema è destinata a fallire.
Ci siamo sbagliate. Ogni settimana l’offerta cinematografica è sempre più deprimente.
E allora la colpa è vostra, nostra. Noi, gli spettatori. Se la qualità dei film prodotti è così bassa è perché i gusti del pubblico fanno schifo, non viceversa.
Primo weekend del Torino Film Festival e solo un paio di film degni di nota?!
La colpa è tua, brufoloso nerd amante dei B-movie. Hai macinato tanta di quella spazzatura che un filmetto come Revenge, di Coralie Fargeat, ti pare un capolavoro? Beh, non lo è. Vorrebbe imitare gli eccessi di Rodríguez e Tarantino ma manca di ritmo e fantasia. Quando spingi su un pedale come lo slasher inverosimile devi mettere a tavoletta e travolgere tutto. Se trattieni o non hai gas (leggi idee), perdi. Il mio consiglio, caro cinefilo sfigato, è di buttare la felpa degli Iron Maiden, tagliarti i capelli, trovare una ragazza di Chiesa, sposarti, fare figli e guardare le mediocri riduzioni televisive di mediocri gialli di mediocri scrittori italiani.

Ah, e non ti bullare, per favore, di esserti divertito con quel pastrocchio di Kuso, di Flying Lotus. Anche lui vorrebbe provocare e incide, invece, come una scoreggia su un letamaio (tanto per restare nel mood dell’autore). In un mondo saturo di immagini di ogni tipo, affidare il valore di un film ai soliti contenuti visivi è un’operazione destinata a fallire in partenza, come i recenti film di Malick o le inutili e obsolete installazioni video della Biennale Arte. Pus e merda sono stati già trattati da altri registi con maggior pregnanza e talento (Pasolini fra tutti). Qui regna solo lo sbadiglio.

E tu, sì, tu, con gli occhiali a fondo di bicchiere, germoglio di Ghezzi, mi dici cosa ci trovi nel film di Stanley Tucci: Final portrait? Domanda retorica. È un film colto, si parla di un famoso pittore ma non famosissimo (Alberto Giacometti), c’è Geoffrey Rush, ormai specializzato nei ruoli di personaggi ‘eccentrici’ (è anche Einstein nella serie ‘Genius’ proposta dalla National Geographic). Per te è sufficiente. Hai passato notti insonni a vedere noiosissimi documentari su ‘Fuori orario’ (ma nemmeno tu hai resistito alle 42 ore dei ‘ Bambini di Golzow’). Due ore di nulla ben confezionato ti soddisfano. Sveglia! Sei brutto e pallido. Esci, fatti delle lampade, iscriviti in palestra (ma non diventarmi troppo grosso che poi sei patetico dall’altra parte) e mettiti di impegno a uscire ogni settimana con una diversa occhialuta frequentatrice di sale d’essai. Tanto è sempre stato quello il tuo scopo. Ah, cambia anche il look, per favore.

Ma perché me la prendo con gli altri? Anch’io ho le mie responsabilità. Ho guardato tutte le puntate di ‘The Walking Dead’? Sì. Allora mi merito che un canadese francofono qualunque faccia un film di zombie che non aggiunge nulla a quanto già fatto meglio da chiunque e che finisca poi a un festival. Parlo di Les Affamés di Robin Aubert, prodotto mediocre e incolore, buono nemmeno per un giovedì estivo alle 23 su Rai 4. Colpa mia. Come è colpa della mia passione per i film di tette e orrore (ah, gli amati giapponesi anni ’70) l’approdo a Torino di un film con una sola idea e titolo fuorviante: Most beautiful island, scritto, diretto e interpretato da Ana Asensio. Una quarantenne in difficoltà economiche si trova suo malgrado a giocare una partita mortale per il divertimento di ricchi e annoiati newyorchesi. La trama vi sembra risaputa? Direi. E l’idea, allora, qual è? Tenetevi forte. Le giocatrici devono stare nude dentro una bara mentre un ragno letale passeggia sul loro corpo. Siete svenuti dal terrore? Ecco, anch’io ma dal sonno.

So cosa state pensando: “Ma i due film degni di nota, allora, quali sono?”

“The disaster artist” di James Franco e “The death of Stalin” di Armando Iannucci, un italo-inglese che non parla una parola di italiano.
Perché degni di nota? Perché sono originali, ben scritti, raccontano storie interessanti e le raccontano in modo interessante. È tanto difficile? Pare di sì. James Franco racconta la storia vera di un eccentrico ricco pseudo attore e regista che interpreta e produce quello che è stato definito ‘il più brutto film della storia del cinema’. Ovviamente oggi è un cult. Il film si chiama ‘The room’ ed è visibile per intero su YouTube. Di sicuro uscirà nelle sale, almeno in quelle d’essai, come è uscito già ‘Morto uno Stalin se ne fa un altro’. L’umorismo tutto inglese della commedia non sempre è facile da digerire, anche perché molti degli agghiaccianti fatti narrati sono autentici (ad esempio l’eliminazione di tutto il personale presente nella villa dove Stalin morì), ma se si ha abbastanza lana anche nello stomaco e ci si lascia andare, l’intrattenimento è assicurato.

Ecco, la chiave è tutta in questo verbo: intrattenere (non a caso, lo stesso usato nelle lingue anglo-sassoni). Una volta scoperto che il pubblico lo si intrattiene anche solo con delle belle immagini o una serie di esplosioni, effetti speciali o gag riciclate da comici tristi, perché sforzarsi? Perché rischiare?

Devo mettere fine a tutto questo…

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