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Bandit Queen di Shekhar Kapur

di il 10/01/2021
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“Gli animali, i tamburi, gli analfabeti, le caste basse e le donne meritano di essere picchiati”, estratto dal Manusmṛiti (antico testo di leggi hindu).

 

Phoolani nasce nel piccolo villaggio Gorha Ka Purwa, presso il fiume Yamuna, nell’Uttar Pradesh, il giorno 8 agosto 1963. Data la vicinanza fluviale, l’insediamento è di casta mallah (pescatori/barcaioli) e, probabilmente, è questa la ragione per cui il sesso femminile, sin dalla nascita, veniva considerato un peso.

A 11 anni, la bambina Phoolani viene data in sposa, in cambio di una mucca, a Puttilal (Aditya Shrivastava), un uomo di tre volte la sua età che abusa verbalmente e fisicamente di lei per anni. In  quel sistema secolare/sociale, la mancanza di uguaglianza e compassione per le donne son totalmente assenti e questo aspetto è ben rappresentato nella scena in cui la madre di Puttilal chiude la porta per non sentire le grida della nuora bambina stuprata dal figlio, in mezzo alle capre.

Phoolani, interpretata da Seema Biswas (Water, Bhoot) cresce in un ambiente che le è ostile, che, quando rifiuta le avance di un gruppo maschile di thakur (la casta padronale), la bolla come ninfomane e, come tale, la scaccia dal villaggio, sotto le lacrime del padre causate dalla vergogna di una figlia simile.

Non ha, quindi, altri a cui rivolgersi se non il cugino Kailash (Saurabh Shukla) dal quale va a convivere finché la moglie la forza ad andarsene.  Ritorna nuovamente nel villaggio dov’è nata ma viene accusata di furto, arrestata, brutalmente picchiata e stuprata dai poliziotti. Viene rilasciata su cauzione pagata dagli stessi thakur che, in cambio, vogliono la stessa cosa di tutti gli uomini locali. Ma Phoolani non si piega neanche questa volta, ritornando dalla sua famiglia. Ci rimane poco perché viene rapita dalla gang di Babu Gujjar (Anirudh Agarwal, l’imponente attore dei fratelli Ramsay) assoldati dai thakur che pretendono un ritorno per la cauzione spesa.

Poco dopo l’arrivo al campo, riecheggiano le urla di un altro stupro mentre Babu sposta la mano che rivela le lacrime, sofferenza e le precedenti cicatrici sul viso della protagonista. Tra i suoi uomini c’è chi, però, non approva quella violenza, specialmente Vikram Mallah (Nirmal Pandey) il quale, al secondo tentativo di violazione perpetrata da Babu, gli spara un colpo in testa e prende il controllo della banda, eliminando i fedeli di Gujiar e accettando Phoolani tra di loro. Tra lei e Vikram nasce una relazione non comune, sintomo di tutto il male coscientemente inflitto a Phoolani negli anni: la donna, sebbene tra la braccia del primo uomo che l’abbia mai protetta, non riesce a esternare l’amore per il suo compagno in affetto intimo e quando lei sente che è arrivato il momento, è lacerata dentro e lo esprime con schiaffi e morsi, accettati dal comprensivo Vikram. (foto sotto)

Tutto sembra, per la prima volta, essere normale per lei finché Shri Ram (Govind Namdeo), il vero capo della gang, esce di prigione. Anche egli un thakur, mal digerisce la presenza di una donna tra i suoi uomini, per di più di casta bassa. Fa assassinare Vikram che rimane solo ferito. Una volta ripresosi, accompagna Phoolani dai suoi genitori. Suo padre continua, ostinato, a volerla rimandare dal marito, lei ci va e lo massacra davanti a tutto il villaggio (in vita in realtà lo accoltella), mentre si alternano flashback di quand’era bambina e disperazione, avvertendo che quelle saranno le conseguenze per gli uomini maturi che sposeranno ragazze giovani. Inizia qui la leggenda di Phoolani Devi, la dea, icona di riscatto per donne e caste basse.

Il 13 agosto 1980 è il fatale giorno in cui Shri Ram completa l’assassinio di Vikram e rapisce la compagna. Nel villaggio thakur di Behmai, è sottoposta alla peggiore delle pene: stuprata&seviziata  per settimane da chiunque ne avesse voglia, ordalia enfatizzata nella sequenza in cui la porta si chiude ma si continua ad aprire con il crescente numero di uomini che vogliono un pezzo di lei. Quando non c’è rimasto più nulla da abusare, Shri Ram la obbliga a prendere l’acqua, integralmente nuda, davanti a tutto il villaggio complice dell’atrocità crudelmente rappresentata nel film.

Viene portata in salvo dal cugino che la presenta al bandito Man Singh (Manoj Bajpayee) nonché amico di Vikram che la porta rifugio della banda di Baba Mustakim (Rajesh Vivek Upadhyay) che permette a Phoolani (nuovamente) Devi di guidare il fruttoso assalto contro la città Jangamajpur.

Il successo dell’azione accresce la sua leggenda e la spinge verso la giusta vendetta d’onore, guida i suoi uomini, nel villaggio di Behmai, alla ricerca dei thakur Sri Ram&Lala Ram. Il suo immenso dolore le scorre ancora dentro le vene, ordina che gli uomini vengano separati da donne&bambini e all’ennesimo rifiuto di fornire informazioni su i due ricercati, apre il fuoco con i suoi uomini, lasciando per terra 22 cadaveri. La comprensibile vendetta contro il villaggio che, in precendenza, non ha mosso un dito in sua difesa le fa perdere il sostegno di Baba Mustakim e la sua notorietà la porta al centro di una caccia all’uomo della polizia, aiutata dalla gang di Shri Ram.

Braccata, con i suoi uomini decimati, si rifugia con Man Singh nelle rovine di Chambal, con nessuna possibilità se non di arrendersi. Il film si chiude con la consegna delle armi e la propria resa (febbraio 1983) che prevede: nessuna condanna alla pena di morte per lei o la banda, il massimo della pena fissato per 8 anni, un appezzamento di terra e che la sua famiglia venga scortata perché sia testimone dell’evento.

La leggenda di Phoolani Devi continua a crescere al punto di ispirare una linea di bambole a sua immagine vestite con gli abiti della dea Durga e generazioni di bandite future come Seema Parihar. Mentre la vita reale dell’ex bandita continua dopo il suo rilascio sulla parola (1994), diventerà membro del parlamento indiano nelle fila del partito Samajwadi (partito socialista) nel 1996. Viene uccisa da tre uomini mascherati, il 26 luglio 2001, fuori dalla propria abitazione di Delhi, omicidio per il quale verrà condannato all’ergastolo solo Sher Singh Rana, in quella linea di sangue&vendetta che ha avuto origine nel villaggio Behmai.

La coraggiosa bandita, donna unica, mai piegatasi né al sistema delle caste, tanto meno alle leggi Manusmṛiti o allo sciovinismo e che la cui leggenda ha instillato tanta paura nelle istituzioni al punto da forzarla alla rimozione dell’utero onde evitare che procreasse altre come lei, è ottimamente interpretata, nei panni di un’eroina, dalla debuttante Seema Biswas in un film realisticamente crudo, che non risparmia dettagli né brutalità di ciò che le capita. Bandit Queen esprime bene, con le lacrime di e i lunghi silenzi, l’impotenza, la sofferenza e disperazione delle donne in simili condizioni. Non serve menzionare i 7 premi vinti, è un film che va visto, punto e basta. E se fate in tempo, lo trovate su Amazon UK in dvd, per meno di 4£ con spedizione inclusa.

Una nota a margine di questo film tratto dalla biografia personale scritta dall’ex bandita: sia la censura indiana sia Phoolani Devi lo contestarono, al tempo e per motivi diversi, al punto che la donna minacciò di immolarsi davanti a un cinema. Per questo, il regista Shekhar Kapur fu criticato per lo sfruttamento dell’immagine con una cattiva rappresentazione nonché accusato dall’attivista Arundhati Roy di avere invaso la privacy sessuale di Phoolani e di aver inscenato le sequenze di stupro senza il suo permesso. L’eroina si è, inizialmente, dissociata dalla propria figura cinematografica in Bandit Queen in quanto diversa dalla sua vita. Disputa conclusasi economicamente e con una sceneggiatura da lei voluta.

commenti
 
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  • Marco Lone
    10/01/2021 at 11:20

    Ci tengo a precisare che le foto nella recensione non appartengono al film, ma alla vita reale di Phoolani Devi.

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