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Neruda di Pablo Larraín

di il 12/10/2016
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L'accostamento Pablo Neruda / Lawrence d'Arabia: Genio!

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Alcuni fotogrammi volutamente amatoriali

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La figura di Pablo Neruda risiede nell’immaginario collettivo Europeo, quale rappresentazione dell’intellettuale comunista, affascinante, impulsivo e carnale. Se teniamo in considerazione il numero di antologie, raccolte, e ogni singola volta che il quotidiano Repubblica ci affibbia una sua “collezione definitiva” (che poi è “definitiva” ogni sei mesi), viene rafforzata l’idea dell’uomo che attraverso le parole, e nella distanza, è stato capace di istigare operai e contadini a contestare e cercare di imporsi contro il regime, sin dal 1948, quando lui stesso era Senatore nel governo del presidente Gabriel González Videla.

Pablo Neruda è diventato quasi involontariamente l’espediente che ha portato decine e decine di zittelle e intortatori seriali a imparare lo spagnolo, pur non avendo molti di loro le idee chiare sulla cittadinanza di questa pietra miliare della letteratura (per inciso, il sottoscritto non alimenta qualsivoglia forma di ammirazione per Pablo Neruda). Se addirittura aggiungiamo quel successo d’incassi e di critica che è stato “Il Postino”, con la squadra Massimo Troisi + Philippe Noiret + Maria Grazia Cucinotta, impegnati a sdoganare “la metafora”, e riuscire a costruire un film quasi per intero su quella ‘gag’, allora possiamo dire di essere infatuati da Neruda, il film di Michael Radforf ha reso accessibile e troppo umana la figura del poeta.

Larraín, sappiamo però, non è un regista di “biopic” convenzionali. Larraín è tanto giovane quanto astuto nell’attingere da quel laboratorio di idee e ricerche, e prima di questo suo “Neruda”, non avevamo mai stretto la mano al poeta. Dopo questo capolavoro possiamo dire di averlo fatto. Al di sopra della storia aleggia lo stile personale del regista. Il suo affresco vuole intrecciare la storia del Neruda aristocratico, con la storia del poliziotto che gli diede la caccia prima che sfuggisse dal Cile, un superbo Gael Garcia Bernal nei panni di un personaggio che non ci è del tutto chiaro sia prodotto della finzione, oppure realmente un uomo grigio e triste, realmente esistito. Un funzionario competente, con un nome ingombrante ed elitario: Óscar Peluchonneau.

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Larraín afferma, con convinzione e senza remore, che ai comunisti, si sa, non piace lavorare, ai comunisti piace bruciare le chiese. E da questa premessa, crea un Pablo Neruda che a tratti assomiglia a Jay Gatsby, un poeta che ha due toni di voce, quello che usa per autocompiacersi, nei momenti in cui legge la sua propria opera, nei salotti bene e nei bordelli, e un tono di voce che riserva ai pochi fedeli che credono ancora lui debba fare il salto alla notorietà, e pertanto debba scappare all’estero: Neruda dovrà diventare la voce delle “teste nere”, degli ultimi, dei sindacalisti, sempre tanto presenti nel suo impegno da attivista, ma apparentemente tanto assenti dai piaceri della pelle ai quali Neruda difficilmente sapeva rinunciare.

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In questo rimescolamento di culto al personaggio, di evocazione e di reminiscenze sulle quali sappiamo poco o nulla, Larraín costruisce un labirinto dal quale non si esce, un imbroglio stilistico, una messa in scena dove tutti sembrano passarsela male, a eccezione del grande poeta (Luis Gnecco, già nel film “NO: I giorni dell’arcobaleno”), e al suo fianco, la amata Delia. La voce fuori campo di Óscar Peluchonneau, enigmatica, permeata di malinconia e disperazione, rendono lui il vero detentore della parola in verso, il personaggio di Neruda è a suo servizio. Peluchonneau si ostina a non voler diventare un personaggio “secondario”, lui è alla ricerca della redenzione, consapevole di essere un bastardo, di essere nato in un bordello, da una donna che per una manciata di monete ha accettato il sudore di uno sconosciuto. E’ consapevole di essere un “Peluchonneau” fasullo, e questo smarrimento nello sguardo di Gael Garcia-Bernal ci fa capire che Neruda non doveva essere catturato, bensì solo inseguito. Almeno così è nel momento storico che il regista ha scelto di raccontare.

Larraín non va oltre l’espatrio di Neruda del 1948, quando incontra Picasso a Parigi. Si ferma al punto in cui è materialmente impossibile per lo spettatore definire il personaggio. Ci è dato definire Óscar Peluchonneau, persino Delia, ma non possiamo e non dobbiamo definire Neruda. Larraín è Cileno, e non possiamo perdere di vista che anche lui stesso sarà stato esposto all’idealizzazione del poeta, di tutti i cliché costruiti sulla sua memoria, sul suo ego, sulle sue gesta di generosità e quelle atte all’inseguimento della validazione altrui. Larraín sa controbilanciare con precisione chirurgica la recitazione dei personaggi, la valenza storica della pellicola, e la sua visione intima e ludica del soggetto. Con questo film assume un rischio, e non sbaglia di un millimetro.

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Neruda (2016)
Neruda poster Rating: N/A/10 (N/A votes)
Director: Pablo Larraín
Writer: Guillermo Calderón
Stars: Gael García Bernal, Alfredo Castro, Luis Gnecco, Antonia Zegers
Runtime: N/A
Rated: N/A
Genre: Biography, Drama
Released: N/A
Plot: An inspector hunts down Nobel Prize-winning Chilean poet, Pablo Neruda, who becomes a fugitive in his home country in the late 1940s for joining the Communist Party.
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