Angolo del tanaka
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Il Cinemino della Cricchetta: quarta settimana

di il 28/03/2020
 

Cari affezionatissimi e sempre bellissimi lettori. Eccoci puntualmente, nel dì di sabato, a proporvi, unici o quasi nel panorama mondiale, i film che avreste visto nelle sale se la sorte ria, di qualunque veste o responsabilità la vogliate vestire, non vi avesse chiuso le sale popolari e d’essai.

I film sono come la frutta e gli ortaggi: se li consumi fuori dalla loro stagione, anche se ben conservati nelle celle frigorifere, non hanno più la fragranza dell’albero ma sanno inevitabilmente di supermercato.

Gustate, allora, in libertà, con o senza popcorn fatti in casa, le cinque nuove uscite di questa settimana.

Sala 1

La sfida delle mogli di Peter Cattaneo (durata 110 minuti)

Peter Cattaneo, per i lettori distratti dalle tante dirette del Presidente del Consiglio, è l’autore del fortunatissimo Full Monty e di altre commediole meno riuscite. Con La sfida delle mogli, il regista inglese riprende il tema dello spogliarello per vivere ma, questa volta, invece di disoccupati imbranati, ci sono delle MILF d’assalto capitanate da Kate (la sexy nonna Kristin Scott Thomas). Le signore, chi vedova, chi divorziata, chi con inutile marito a carico, fanno fatica a sbarcare il lunario in una Londra sempre più cara e affollata. Kate, che già lavora con discreto successo in una chat erotica, vista la grande richiesta di donne appassite e procaci, propone alle amiche di creare un gruppo di lapdance over 50: le Braxit. Iniziano così la ricerca di un locale disposto a ospitarle e, di seguito, gli inevitabili siparietti comici delle improvvisate ballerine. Non mancano i momenti drammatici, con una delle “ragazze” che scopre di avere un tumore alla mammella e gli scontri di un’altra con i figli che si vergognano di lei. Il lieto fine, comunque, è assicurato dal successo dello spettacolo e dall’offerta di Catherine Johnson (l’autrice di Mamma mia! nel ruolo di se stessa) di fare del loro show un musical.

Simpatica commedia con risvolti politico-sociali, piacerà soprattutto al pubblico femminile e, per altri motivi, all’inspiegabilmente sempre più folto numero di maschi gerontofili.

Sala 2

Favolacce di Fabio e Damiano D’Innocenzo (durata 98 minuti)

Coraggioso tentativo di ridare vita al filone delle commedie sexy anni ’70, Favolacce dei gemelli D’Innocenzo, nonostante alcuni pregi che andremo a esporre, non centra il bersaglio della sciocca spensieratezza che contraddistingueva il genere, all’epoca, risultando più un’operazione cerebrale e filologica che un vero epigono. Il film ha una struttura a episodi, simile all’indimenticabile Sesso Matto di Dino Risi, dal quale riprende anche l’idea di far interpretare tutti gli episodi dagli stessi protagonisti, che qui sono l’eclettico Elio Germano e la brava, seppur inadatta, Barbara Chichiarelli. Gli episodi ricalcano i canovacci scollacciati dei fumetti erotici dell’epoca. Biancaneve e i sei nani, vede la giovane e vogliosa Biancaneve infelice sposa del Principe Azzurro che la tradisce con Mammolo. Per consolarsi organizzerà una gang bang in miniera con i restanti sei nani. Pinocchio e la Fata Birichina, mostra un burattino al quale, per ogni bugia, non si allunga il naso ma un’altra parte del corpo facilmente immaginabile. Divertenti gli sforzi della Fata per combattere la sua stolida sincerità. Cenerentola tacco 12 accentua la già presente vena feticistica della fiaba, focalizzandosi sulla perversione del Principe e sul suo tiranneggiare le giovani del paese alla ricerca del piede più erotico. Elio Germano è una giusta via di mezzo tra Lando Buzzanca e Giancarlo Giannini, perfettamente a suo agio e credibile in ogni episodio. Barbara Chichiarelli, invece, non ha la statuaria bellezza di Edwige Fenech o la carica erotica di Laura Antonelli e, purtroppo, risulta fuori parte in un film che richiede alla nudità di bucare lo schermo. La sceneggiatura, degli stessi registi, si rifiuta di scendere troppo nel pecoreccio e insegue un umorismo più boccaccesco, tentando, in qualche modo, di nobilitare il genere. Peccato snob che affossa le pur buone intenzioni iniziali e consegna al pubblico l’ennesima opera esangue, a metà via tra la noia guardona di Tinto Brass e la noia autoriale del Matteo Garrone fiabesco.

Sala 3                                                                                                                                                              

Il principe dimenticato di Michel Hazanavicius (durata 101 minuti)

Michel Hazanavicius è un regista che, per sfuggire alla maledizione del cliché della commedia francese, ha provato, a più riprese, altre strade: dal dramma storico al film autobiografico. Con il film muto The Artist, l’impresa gli è anche riuscita discretamente, vincendo premi e riconoscimenti vari, anche se, a parere di chi scrive, non del tutto meritati. Il principe dimenticato, sulla carta, doveva essere un film fantasy e invece, eccola qua, la solita commedia con la solita trama. I due compari, questa volta, sono un padre e la figlia adolescente. Il resto lo sapete. Aggiungiamo l’aggravante di avere per protagonista Omar Sy (quello di Quasi amici) ed ecco un altro film da saltare a piè pari, sempre che non siate divorziati, con figlia problematica adolescente e talmente disperati da sperare che il vedere insieme una commedia del genere possa mitigare tutte le nefandezze che la vostra ex-moglie le sta dicendo sul vostro conto.

Sala 4

Tornare a vincere di Gavin O’Connor (durata 108 minuti)

Ecco l’immancabile remake della settimana: Tornare a vincere, ossia Rocky II, quarant’anni dopo. Il reboot della saga di Rocky, inizia dal numero due perché, per Rocky uno, i diritti sono ancora in mano ai produttori di Creed, i quali, invece di proseguire linearmente con i remake successivi, hanno voluto con Creed II discostarsi dal modello, lasciando quindi spazio al regista Gavin O’Connor di dire la sua su questo monumento della storia del cinema. Partendo con questo handicap e con la consapevolezza che il secondo capitolo è forse il più debole della saga, c’era da aspettarsi il peggio. Il film, invece, è ben costruito e avvincente. Rocky (un immenso Ben Affleck), come si sa, è stato sconfitto dal suo avversario, Apollo Creed (interpretato dal bravo Al Madrigal). Si è ritirato dal pugilato per problemi all’occhio e ha ormai speso tutta la borsa dell’incontro precedente. Apollo, criticato per la vittoria ai punti, decide di sfidarlo di nuovo. La moglie Adriana (Janina Gavankar), che è incinta, non vuole che accetti perché teme per la salute del marito. Rocky non le da ascolto ma non riesce ad allenarsi con convinzione perché lei entra in coma. Quando si sveglia, chiede al campione di vincere. Il finale è storia. Ben Affleck, si è sottoposto a un duro allenamento per imparare a muoversi sul ring ma è la sua naturale aria da pugile suonato che fa la differenza. Con una tale naturalezza e la monoespressione, forse ancora più accentuata di quella di Sylvester Stallone, lo spettatore dimentica di avere di fronte un attore e s’immedesima completamente. Il regista, con l’ausilio di microcamere e droni, inesistenti nel millennio scorso, trova inquadrature mozzafiato e, grazie anche gli effetti sonori di Byron Wilson, pare di sentire gli sganassoni arrivarci addosso da tutti i lati. Consigliato per gli amanti della boxe, di Ben Affleck e per chi si chiama Adriana.

Sala 5,

Onward – Oltre la magia di Dan Scanlon (durata 102 minuti)

Primo film della Pixar ad affrontare temi LGBT, Onward – Oltre la magia, ha per protagonisti una coppia di elfi gay: Jan e Barley. La madre di Ian, Laurel, non è contenta dell’orientamento sessuale del figlio e pensa che sia tutta colpa della figura paterna assente. Il papà di Ian, infatti, è morto prima che lui nascesse e lei non si è mai risposata. Grazie a una magia, la madre decide di far tornare in vita Wilden, il padre del ragazzo, sperando che questi, parlandogli, risolva il “problema”. La magia riesce solo a “a metà”, limitandosi a far apparire le gambe dell’elfo genitore e proiettando i due partner verso un’avventura contro il tempo per riportare a casa il padre tutto intero. L’impresa riesce e Wilden confessa di essere gay lui stesso. Laurel, a quel punto, si spiega le stranezze del suo matrimonio e quando il marito le dice che lui è nato così, nonostante avesse entrambi i genitori, lei capisce, si ravvede e tutti vivono felici e contenti. Zuccheroso, commovente e coloratissimo, come tutti i Pixar, Onward si avvale, in Italia, delle voci di Fabio Volo, Raul Cremona e Sabrina Ferilli.

Una curiosità: del film esistono due versioni, quella descritta, e una per i Paesi più omofobi, come quelli del Golfo, la Russia e l’Ungheria. Per costoro, Jan e Barley sono fratelli e tutta la dinamica gay è epurata. In Italia saranno reperibili entrambe le versioni, quella censurata, per tutti, e quella originale, sconsigliata ai minori non accompagnati, in streaming su Disney + dal 3 aprile.

 

E’ tutto, per questa settimana.

Visto il successo delle foto ruffiane per avere i like sul sito e sui social, mi sono permesso di metterne un’altra, per evidenti ragioni di marketing. Non mancate di esprimere la vostra soddisfazione per questo servizio che mi costringe, mio malgrado, a visionare, per correttezza, anche tutte le commedie francesi che i distributori mi propongono. Ah, dimenticavo l’hashtag: #iorestoacasaeguardoilcineminodellacricchettachecivogliotantobene

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