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Black Widow aka La famiglia che (non) uccide di Cate Shortland (2021)

di il 07/08/2021
MI PIACE

I siparietti famigliari

Le sequenze di azione in aria

NON MI PIACE

Il marchio "Marvel" che appesantisce la storia anziché renderla più interessante

La storia di Taskmaster inutile e ridondante

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IL MIO VOTO


AFORISMA
 

Dreykov: "When you look into the eyes of a child you have raised, no mask in the world can hide that."

 

Sono passati quasi cinquant’anni dalla pubblicazione del libro di D. Cooper La morte della famiglia” (e altrettanti da quella del lavoro di M. Schatzman ricordato, senza parentesi, nel titolo). La famiglia tradizionale, che l’antipsichiatra stigmatizzava, non esiste più, salvo in qualche sacca scout o fondamentalista cattolica. Il suo vuoto è stato riempito non dalle ingenue comuni auspicate da Cooper ma da aggregati eterogenei e a temporalità quasi sempre limitata cui si continua ad attribuire impropriamente il nome di famiglia in mancanza di un’alternativa. Il cinema mainstream, ovviamente, si è adeguato presto alle nuove dinamiche sociali (in E.T. di Stephen Spielberg, anno 1982, i bambini vivono normalmente con la madre divorziata) e, in alcuni casi, ha costruito attorno a queste nuove realtà i valori e le motivazioni dei protagonisti (vedi, ad esempio, la saga di Fast & Furious), declinandole in tutti i toni possibili dell’intrattenimento: dalla commedia brillante (The Royal Tenenbaums) al dramma (Million Dollar Baby).

La regista australiana Cate Shortland, insieme agli autori Jac Schaeffer, Ned Benson e allo sceneggiatore Eric Pearson ha saputo brillantemente sfruttare il filone, costruendovi attorno un’altrimenti ben poco interessante avventura di supereroi Marvel.

Black Widow (una non-in-formissima ma sempre accattivante, Scarlett Johansson) è contattata dalla sorellastra Yelena (Florence Pugh) per informarla che il malvagio Dreykov (Ray Winstone), loro mentore, erroneamente creduto morto, ha creato un esercito di spietate e addestratissime assassine condizionate chimicamente a obbedirgli ciecamente. Urge trovarlo ed eliminarlo definitivamente, come sempre, per il bene dell’umanità.

Per far questo, le due ragazzone, devono ricomporre la loro famiglia adottiva, ossia quella formata da loro e i due finti genitori, spie russe infiltrate segretamente negli U.S.A. (stile The Americans), disgregata venti anni prima al termine della missione. Le due bambine di allora sono le due ex killer di oggi. Il padre putativo Alexei (David Harbour), un tempo super guerriero creato dal KGB per contrastare Capitan America, è chiuso in una prigione artica. La finta madre Melina (Rachel Weisz) è niente meno che la scienziata responsabile delle ricerche sul condizionamento cerebrale che hanno dato origine all’esercito di Dreykov.

Riuscirà il posticcio legame famigliare stabilito nei tre anni in Ohio a trionfare sugli interessi personali di ognuno e a riunire i quattro contro il futuro possibile dittatore mondiale?

Domanda retorica e risposta ovvia.

Meno scontati sono i siparietti tra i vari membri del gruppo, dove gli autori si sono divertiti a infilare alcune delle dinamiche classiche tra genitori e figlie, vedi la commovente (e altrimenti spassosa, dato il contesto) accusa di Yelena ad Alexei, di averla abbandonata al termine della missione (ossia come un qualsiasi padre che divorzi) o Melina che, anche dopo vent’anni, dice alla figliastra di stare composta a tavola.

Chi si aspettasse un qualche morboso conflitto psicanalitico tra i membri di questa famiglia disfunzionale, rimarrà, però, deluso. Siamo pur sempre in casa Disney e, per quanto tutti assassini, traditori e russi, i nostri eroi, in fondo, hanno i loro buoni sentimenti (e pulsioni) al posto giusto. Merito, probabilmente, di quel lontano soggiorno redentore nella società americana, fondata, come si sa, su puritanesimo e violenza.

Come quasi sempre accade, l’unico personaggio con motivazioni plausibili (dominio e potere), è il cattivo, in questo caso, il patriarca Dreykov. Figlio degenere del comunismo (per lo meno quello immaginato dagli americani), del quale estremizza tecnologicamente il controllo sugli individui, ha l’intelligenza di aver individuato “l’unica risorsa naturale che il mondo ha in eccesso: le donne” e la determinazione di volerla usare per la propria smania di potere.

Peccato non abbia anche la saggezza per fidarsi della mitologia (Eva, Pandora) o della normale esperienza e non capisca l’assoluta impossibilità di imbrigliare e controllare tale risorsa.

Padre generatore della famiglia di assassine, sarà lui l’unica vittima, alla fine. Anzi la penultima: nel mondo reale, Scarlett Johansson, tradita per una questione di diritti proprio per Black Widow, ha fatto causa alla famiglia ©Disney.

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