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Venezia 71 – Il diario delle pecorelle – Settima e ultima parte

di il 04/09/2014
 

Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ma non prima di aver visto le ultime due opere possibili, prima del rientro dall’alpeggio veneziano verso le piane padane.

L’impronunciabile En duva satt på en gren och funderade på tillvaron di Roy Andersson è l’ultimo film in concorso che le mie amate pecorelle vedranno. Quale miglior commiato di quello con un regista da molti considerato un genio e in odore di Leone d’Oro, solo perché ha un titolo che non può che preludere a un’opera geniale il che, trattandosi di un genio, è pleonastico?
Un piccione su un ramo che riflette sull’esistenza è proprio un bel titolo. Mette di buonumore. E infatti, quando in uno dei primi siparietti si vede un uomo che muore d’infarto cercando di stappare una bottiglia di vino, tutta la sala sghignazza. Le pecorelle no, in verità, e si guardano perplesse, ma Ghezzina, la più attenta e informata sul iperuranico mondo dei registi che non divertono ma bisogna vedere, approva con la testa e bela: ‘Genio, genio’.
Il gregge non è convintissimo e presto anche il pubblico si stanca di ridere per niente su cose serie, pur se tinte di grottesco.
Il film mette in scena le assurdità della quotidianità ma anche il suo aspetto surreale. Le inquadrature sono fisse e il filo logico che tesse insieme i diverse quadri è spesso criptico. Se non fosse che la ripetitività fa dormire tutto il gregge, forse ci avremmo trovato anche un senso meno banale. Nerina non ne è convinta e protesta col suo solito modo maleducato.

Puntiamo al finale in bellezza con un film vietnamita che si presenta come un queer movie con sfumature horror: Ðap Cánh Giua Không Trung (se qualcuno è in grado di pronunciarlo, vince un golfetto di lana cinefila) di Nguyen Hoang Diep.

Immagine

Pecorelle in trepida attesa. C’è chi spera pure in qualche ammazzo. E invece, nisba. Ci hanno truffati. L’opera prima della regista vietnamita, infatti, per quanto ben raccontata e con bravi interpreti, è un puro melò. Una ragazza ha bisogno di soldi per abortire e, per trovarli, si prostituisce con un cliente fissato per le donne gravide. Le pecorelle più romantiche si sono immedesimate, le altre per niente e hanno dormito anche di fronte alla regista e agli interpreti presenti in sala. Svolazzando nel mezzo del nulla (titolo tradotto) è ciò che ha fatto la regista. Speriamo che dal nulla nasca poi il caos a rendere un po’ più vitale il suo cinema.

Finisce la proiezione e finisce anche la nostra permanenza qui.

Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra veneta le mie pecore
lasciano il Lido e vanno verso casa:
scendono alla padana terra natia
che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti
veneziani, che sapor di cinema
rimanga né cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in sala.
Rinnovato hanno il pass anche quest’anno.

E vanno pel le diverse sale antiche al cine,
quasi un visual fiume silente,
su le vestigia degli antichi critici.
O voce di colui che primamente
riconosce all’istante la ciofeca!

Ora lungh’esso il litoral cammina
La greggia. Senza mutamento è l’aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, cacche a palletti.

Ah perché non son io cò miei amichetti?

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