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FEFF 17 – Il Diario delle percorelle – Settima puntata

di il 05/05/2015
 

E’ stato molto difficile convincere Nerina ad assistere alla proiezione di My brilliant Life del coreano E J-Yong. Ho dovuto scomodare Oasis di Lee Chang-dong. Se c’è una cosa che la nera pecorella detesta, insieme ai film sui bambini, sono quelli con protagonisti affetti da qualche handicap. In questo caso si parla di progeria, rarissima malattia (200 casi in tutto il mondo) che causa un precoce invecchiamento e la morte prima del raggiungimento della maggiore età. Tutto il plus risiede nel trucco rugoso del protagonista, adolescente brillante con edificante famiglia a supporto. Il resto è copione da outlet: un po’ di simpatia nella prima parte, un bel drammone lacrimoso nella seconda. Mi sono guadagnato una bella scarica di pallette mollicce sulle scarpe e il sonno rimbrottante del gregge. Mai più!
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Le pecorelle mi hanno tolto il muso solo poco prima di entrare in sala per le due parti di Parasyte del regista giapponese Takashi Yamazaki. Erano eccitate. Il lavoro del regista di The Eternal Zero, premiato lo scorso anno, prometteva bene. Il soggetto di fantascienza, tratto da un famoso manga, non poteva che essere perlomeno inusuale. Il fatto che fosse stata prodotta una seconda parte significava che la prima era stata apprezzata. E invece, tranne la bella trovata della mano invasa dall’alieno che diventa un piccolo E.T. autonomo rispetto al corpo che la ospita, il film scorre lento sui binari rassicuranti delle forze cattive che devono essere distrutte da quelle buone, le nostre. Poco importa che qualche alieno parteggi per la pace o che gli umani siano disegnati come guerrafondai impenitenti. I temi ecologisti o pacifisti sono buttati superficialmente nella pentola come spezie scadute. Le pecorelle, molto deluse, hanno dormito a più riprese.
Zardozina, depressa, ha classificato come ‘spazzaturanipponicasoloperfandeimanga’ le oltre quattro ore di cinema, se di cinema si può parlare.

missgranny-0120, Once Again!, del regista cinese Chen Leste, è il remake carta carbone del fortunato Miss Granny di Hwang Dong-hyuk, visto lo scorso anno. Il fatto che la Cina abbia fatto questa copia a così breve distanza dall’originale, porta a credere che i film coreani non abbiano grande distribuzione nel mercato cinese. La storia s’incentra tutta su di una bisbetica nonnetta che, per magia, torna ad avere vent’anni. L’idea simpatica era meglio sviluppata nell’originale, la protagonista era più graziosa e la regia più efficace.
Pecorelle assopite. Occhio a mezz’asta anche per Lubitschina, indomita testimone della deriva svaporante presa dalla commedia cino-hongkonghese.

port_of_call_stillMal si conclude la penultima giornata, tutta da dimenticare, con il noir coreano Port of Call del regista e sceneggiatore Philip Yung. Una giovane prostituta viene strangolata e fatta a pezzi. L’assassino dice di averlo fatto per amore e su richiesta della vittima. Perché? Il detective Chong (un sempre valido Aaron Kwok) indagherà per tutto il film, in un susseguirsi d’inutili flashback e flashforward che impediranno allo spettatore di interessarsi alla triste vicenda. Tanta atmosfera e tanto sonno sono quanto il gregge ricorda.
Meno male che a risolvere la giornata ci sarà il film non asiatico di mezzanotte, ma di questo e i suoi fratelli parleremo prossimamente.

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