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FEFF 17 – Il Diario delle pecorelle – Ottava puntata

di il 09/05/2015
 

E venne anche il giorno dell’addio, della premiazione, delle ultime brucate sul verde pratino del teatro Giovanni da Udine…
Le pecorelle assonnate si mettono in fila per assistere alla proiezione di Where I am king del regista filippino Carlos Siguion – Reyna, commedia vagamente naif nella costruzione dei caratteri e delle situazioni ma dotata comunque di un buon ritmo. Un ricco imprenditore fa bancarotta e decide di tornare a vivere nel misero quartiere in cui è nato e, più precisamente, nel fatiscente palazzo in cui si è fatto le ossa, ora di sua proprietà. Contro il consiglio di tutti, parenti e amici, trascina con sé i nipoti smidollati perché maturino al contatto con la vita vera dei poveri. Il lieto fine è inevitabile come la pioggia al FEFF.
Efficace l’idea di ambientare una commedia in un contesto molto duro, che non sembra per niente esagerato. Memorabile curiosità: la lezione sulle tre categorie di pagpag, street food dei poveri ottenuto dal trattamento dei rifiuti. Pecorelle coinvolte soprattutto dalla smaccata piaggeria del pastore, seduto per caso accanto al regista in sala.

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Con una bella doppietta di riposo data dall’abbandono della sala per il restaurato, chissà perché, The Man with Three Coffins del regista coreano Jang-ho Lee e dal sonno profondo durante la proiezione di Siti dell’indonesiano Eddie Cahyono, le pecorelle ripartono con brio a visionare un’altra fatica del regista giapponese Take Masaharu di cui, nei giorni scorsi, avevano apprezzato 100 Yen Love. Anche in questo lavoro si parla di sganassoni e redenzione, ma stavolta le botte sono quelle simulate dei personaggi in maschera dei telefilm per ragazzi stile Power RangersUnsung Hero, infatti, racconta la vita di un attore, maestro coreografo di scene d’azione e battaglia, che non ha mai avuto l’occasione di interpretare un film con il suo volto o di emergere per qualche impresa\ripresa memorabile. L’abbandono del set, per una scena giudicata troppo pericolosa, da parte del protagonista di un chambara hollywoodiano, gli fornirà l’occasione della vita.
Pur se meno riuscito del Rocky con Sakura Ando, forse per la maledizione che impera sulle storie metacinematografiche, il misconosciuto eroe si fa apprezzare per l’accurata descrizione dell’ambiente stunt e per il personaggio dello svitato regista, interpretato con grande simpatia e autoironia dallo stesso Masaharu. Qualche pecorella dormicchia, Brucelina si esalta ma nota con rammarico un’iperbole, nella lunghissima scena d’azione finale, che non trova la giusta misura tra ironia e omaggio.

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Si resta ancora in Giappone per il penultimo film in programma: Forget Me Not del giovane regista Kei Horie, delicato dramma sentimentale che ha l’abilità, tutta nipponica, di creare uno svolgersi plausibile (e fortemente simbolico) da una trama dagli assunti irreali. Azusa è una ragazza che, pur vivendo in mezzo alla gente, non riesce a restare nella loro memoria: non in quella del padre (che la ospita come inquilina), non nei professori, non nei compagni di scuola. Neppure, lo scopriamo per gradi grazie a una buona sceneggiatura, nel cuore del ragazzo che ama, Takashi. Questi, innamorato a sua volta, cerca in tutti i modi di mantenere il ricordo. Riusciranno i due a non separarsi? Soapina, l’unica pecorella ad amare le lacrime si è infeltrita il vello, immedesimandosi nella bizzarra vicenda. Le altre, ciniche e disincantate, sono rimaste comunque soddisfatte dall’indubbia originalità della materia e dalle sue suggestioni filosofiche: si può esistere fuori dalla memoria dell’altro? E nata prima la lana o prima la pecora?

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Finale con i fuochi d’artificio, almeno nelle previsioni, con The Taking of Tiger Mountain del veterano Tsui Hark, introdotto da un grande ringraziamento dell’ex moglie e produttrice Nansun Shi a tutte le maestranze famose e anonime del cinema hongkonghese.

Il film racconta, con gli stilemi abituali dell’action, un famoso episodio di guerra, già celebrato da cinema, teatro e letteratura, dove un manipolo di soldati maoisti sbaraglia un esercito di pericolosi banditi asserragliati in una fortezza arsenale giapponese abbandonata.

Gli estimatori ad oltranza di Hark hanno apprezzato questa particolare incursione nell’epica comunista. Le pecorelle più supponenti, che denunciano da anni un certo pressapochismo all’italiana del regista nel consegnare prodotti con vistosi cambi di fotografia o effetti digitali da quattro soldi, si sono divertite a tratti, come sempre con questo regista, che alterna momenti di stanca a solide riprese d’azione.

Al termine, dopo l’ultima raccolta di voti, l’assegnazione dei premi e il sigillo della Madrina e Icona Sexy del FEFF: Sabrina Baracetti, infaticabile ostessa della più bella kermesse di cinema asiatico del Vecchio Mondo.

Il commiato delle pecorelle, forse, alla prossima e ultima puntata. Tenete duro!

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