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#BERGAMOFILMMEETING – Una pioggia di selfie dalla città dei mille – parte 1

di il 06/03/2016
 

Il Bergamo Film Meeting: decadi di tradizione locale ed una programmazione interessantissima.

Disordinata prima giornata di festival, quella di oggi, complice la pioggia e gli imprevisti degli inizi.
La borsa per gli accreditati è carina e piuttosto ricca: due cataloghi, qualche gadget e molta pubblicità.
Strepitosa la tensostruttura fuori dell’Auditorium creata da EILAV (un birrificio indipendente), numerosissime birre originali e cibo ad ogni ora a prezzi economici, davvero l’ideale per le pause tra i film.

 

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La prima visione di da raccontare è SLAP di Nick Rowland, mediometraggio stile Ken Loach su un pugile che ama truccarsi e vestirsi in abiti femminili. Assolutamente nulla di nuovo. Il protagonista è molto più convincente come travestito che come boxer. La sala è davvero strapiena, certo, il fatto che sia sabato aiuta.
Secondo film è Roulette Cinese di Fassbinder, uno tra i meno conosciuti del regista tedesco. Forse non raggiunge l’apice, ma senza dubbio migliore della media dei film che si vedono al giorno d’oggi.
Finito il film inizia l’odissea: “Dovete uscire dalla sala e rientrare“, il tutto da unica porta. Il fatto provoca malumori in fila, tante persone lasciate sotto la pioggia e alcuni membri (giovanissimi) dello staff non esattamente gentili.
Comunque si riesce ad entrare in sala per il primo film in concorso: JAJDA di Svetla Tsotsorkova, pellicola bulgara che funziona per tre quarti, basata tutta su di un labile equilibrio tra i cinque protagonisti, legati da rapporti che prendono strade inconsuete. I fili delle relazioni sono così sottili che la regista non riesce a tenerli fino al termine, dovendosi affidare a degli escamotage banali per trovare una soluzione finale. Bella fotografia e molto brava l’attrice presente in sala Monika Naydenova (in foto). Considerando che è un’opera prima, il film è da promuovere.

 

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Ultimo – per me – film della giornata è Une Histoire De Fou di Robert Guediguian, un regista che ho amato molto in passato ma che nel tempo avevo perso. Opera completamente diversa dalle precedenti (storie di proletariato, lotte politiche e disillusioni di chi credeva nell’ideologia), questa volta viene rappresentata la diaspora della popolazione armena e la lotta terroristica di alcuni gruppi palesemente contro il popolo turco, ma poi allargata a tutti. Argomento interessante e ben esposto, attori bravissimi, ma il film mi ha lasciato freddino, troppo didascalico, talvolta buonista, è come se l’argomento toccasse troppo il regista per dargli la possibilità di operare con freddezza e determinazione. Applausi in sala alla fine.

Esco un po’ stravolto e noto che Eilav è strapieno di persone che si fanno la birretta dell’una di notte. Ci penso un attimo ma torno a casa, che di birre ne berrò a sufficienza nei prossimi giorni.
Selfie non ne faccio. Sia chiaro. E’ un punto in cui non transigo.

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