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#Cannes2018 – La mia prima volta sulla Croisette, parte 2

di il 14/05/2018
 

Giornata burrascosa oggi a Cannes, e nel vero senso della parola. Nuvole nere sin dal mattino annunciano piogge serie.

3 FACES è il nuovo film di Jafar Panahi, controverso regista iraniano con incessanti problemi di censura nel suo paese che, saltuariamente, gli costano anche periodi di prigionia, oltre all’impossibilità di espatrio. La cifra del film è quella tipica del regista: quasi un documentario e una trama lieve che usa per raccontare il suo paese e le contraddizioni che lo animano.
La famosa attrice Benhaz Jafari, che interpreta se stessa, riceve una richiesta d’aiuto disperata da parte di una ragazza che vive in una zona montuosa dell’Iran piuttosto arretrata. Il regista e l’attrice vanno in cerca della ragazza e in questo percorso s’intersecano vicende e storie, divertenti e tristi.
Io in Iran ci sono stato e, anche se per poco, questo l’ho notato: è un paese che viaggia a dieci velocità diverse, il regime religioso non ha di fatto impedito l’avvento della modernità quindi, mentre a Teheran per certi versi pare di essere a New York, appena qualche chilometro fuori le città più importanti c’è il Medioevo.
La forza del regista è quella di non fare mai atti propagandistici, ma solamente dichiarazioni d’amore per il posto dove vive e da dove non se ne vuole andare, quel paese pieno di contraddizioni che è l’Iran.
Poetico e meno duro del solito, Panahi comunque resta sempre un regista efficace.

All’uscita mi aspetta il temporale che ha girato per ore, un vero e proprio diluvio mentre mi accingo ad andare al Teatro Croisette. Il mio Kway può davvero poco: entro in sala per il film talmente zuppo da preferire il vederlo senza scarpe, i vicini di posto ringraziano.

Mettiamo alla prova questo benedetto accredito giallo!

 

Debra Granik presenta il suo film Leave no trace

Debra Granik presenta il suo film Leave no trace

 

Per LEAVE NO TRACE DI Debra Granik c’è il pienone, praticamente neppure un posto libero. L’America meno scintillante è ancora una volta protagonista del film della regista. Un padre ex veterano di guerra e sua figlia vivono come homeless nei parchi. Il genitore tiene un vero e proprio corso di sopravvivenza alla figlia per riuscire a capire i pericoli della natura e procurarsi cibo e armi dalla stessa. Lei però, appena entra in contatto col mondo vero (anche se rappresentato da una comunità di persone isolate dalle città), capisce che la vita raminga le sta stretta. Sempre in crisi tra l’impossibilità di appartenere ad un mondo sempre più tecnologicamente avanzato e la difficoltà a resistere alle sirene del progresso. Qualche rimando a Mr Fantastic, anche se più serio e meno brillante, l’ho trovato meno entusiasmante di Winger’s Bone, film della Granik che avevo adorato.
Applauditissimo in sala.

 

Miro a Lei, la Favolosa

Miro a Lei, la Favolosa

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