Angolo del tanaka
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#Venezia72 – L’orecchio lungo del Tanaka: lo sporco ricatto del cartello messicano

di il 25/09/2015
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ATTENZIONE: la trascrizione che segue ipotizza l’esistenza di reati perseguibili penalmente. I file dell’intercettazione sono a disposizione delle autorità inquirenti.

 

Hotel Plaza , stanza 44  – Buenos Aires – Ottobre 2014

Alberto Barbera: Sei stato meraviglioso, Diego.
Diego: Gracias, Alberto, ma ho una brutta notizia per te.
Alberto Barbera: Brutta notizia?
Diego: Guarda la mia carta d’identità: ho quattordici anni.
Alberto Barbera: Ma… mi avevi detto di essere quasi maggiorenne, di essere il nipote di Cristina Fernández, la presidentessa!
Diego: Ho mentito.
Alberto Barbera: Mi vuoi ricattare?
Diego: Non io, querido.  (Ad alta voce) Entra, Carlos!
Carlos: Buonasera, dottore. Bella performance. Abbiamo filmato tutto.
Alberto Barbera: Bastardi… Quanto volete?
Carlos: Non vogliamo soldi, dottore. Io rappresento gli interessi del cartello messicano. Come vede ci stiamo espandendo anche in altre zone del mondo ma ultimamente abbiamo un problemino a fare arrivare la merce in Europa.
Alberto Barbera: E io che c’entro?
Carlos: Adesso glielo spiego. Lei dirige il Festival del Cinema di Venezia e riceve film da tutto il mondo. Nessuno controlla i contenuti del Digital Cinema Package, si sa che si tratta di materiale cinematografico. Stessa cosa per le vecchie ‘pizze’…

DCPs-450
Alberto Barbera: Ma siete impazziti?! Volete che mi metta a trafficare droga?
Carlos: Lei non dovrà fare niente, dottore. Dovrà solo utilizzare, per le spedizioni, un’agenzia che le indicheremo noi.
Alberto Barbera: Ma a parte Reygadas e Pablo Larrain, che tra l’altro ormai schifano Venezia, non ci sono altri registi da festival in Sud America. E’ una cinematografia che non interessa a nessuno. Cosa mai potrei farmi arrivare? La vostra idea è irrealizzabile.
Carlos: Non dica così, dottore. Per un uomo della sua cultura e intelligenza, niente è irrealizzabile.
Sappiamo che se lei vuole, può fare molto. I corleonesi ce ne hanno parlato. Si inventi una rinascita del cinema sudamericano, una retrospettiva, faccia lei. L’importante è che, almeno finché non troviamo un canale migliore, lei possa importare il materiale con regolarità.
Alberto Barbera: E va bene, maledetti bastardi. Ma tu, Diego, come hai potuto… Mi hai spezzato il cuore.
Diego: Lo siento, Alberto, ma non te la prendere (imita la voce del Padrino) era solo ‘questione di business’. Se vuoi, possiamo continuare a vederci. A pagamento, però.
Alberto Barbera: Puttanella!  (Mesto) Avete vinto. Facciamo questa cosa, voi mi date la registrazione e poi sparite.
Carlos: Non abbia fretta, dottore. Aprire un altro canale potrebbe richiedere tempo. Le diremo noi cosa fare, quando e per quanto tempo. Dia il Leone d’Oro a uno o due dei nostri film, così potrà sfruttare l’onda lunga per qualche anno
Alberto Barbera: Ma no, ma no! Ho già per le mani dei titoli interessantissimi. Avremo l’ultimo Sokurov e un documentario cinese indipendente con minatori dal muso sporco e una gran fotografia. Un premio gli va dato di default.
Carlos: Vincerà un’altra volta, dottore, non si preoccupi, non ci sono che miniere e registi indipendenti, in Cina. Un’ultima cosa: ovviamente dovrà assumere un nostro uomo allo smistamento degli arrivi.
Alberto Barbera: Non posso assumere la gente così. Venezia non è Mexico City. Ci sono i sindacati, l’ufficio personale, il budget.
Carlos: A pagarlo ci pensiamo noi. Non servono contratti. Lei lo piazzi lì e basta. Che ne dici, Diego, ti piacerebbe andare a vivere un po’ a Venezia? Pensa a quanti soldi potresti fare, alla sera, con tutti i ricchioni che ci stanno. Mi dicono che pure al sindaco piacciono i niños!

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Diego: Tu che ne pensi, Alberto. Non ti piacerebbe avermi lì, sempre vicino a te?
Alberto Barbera: Sei proprio un bastardo senza cuore, Diego. Io ti amavo…
Diego: E adesso non mi ami più? Che hombre volubile. Comunque ci sto, Carlos. (Rivolto a Barbera) Viaggiamo insieme, cariño?

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