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#Venezia73 – Arte contro Intrattenimento e Statistiche contro Ricordi

di il 11/11/2016
 

Ad esattamente due mesi dalla conclusione della manifestazione, e a ridosso delle uscite al cinema di alcuni tra i film premiati, mi trovo qui a rievocare memorie di stanchezza, passione, masochismo ed estasi. Riaffiorano quei dettagli che in quel piccolo mondo lontano sembrano invece fare la differenza tra la vita e la morte. “Ringrazio” particolarmente i commenti illuminanti del grande regista Vanzina per avermi costretto a scrivere ancora. Ogni volta spero sia l’ultima, ed invece poi arriva il solito Gegnio® che mi obbliga a faticare. Il mio corpo stanco, mutilato ed infuocato lotta contro l’animo imprigionato chiedendo solo di smettere.

20160903_132820_perfectlyclearL’argomento è banale ma, evidentemente, viste le reazioni al vincitore della più grande manifestazione cinematografica italiana, non abbastanza: esiste una differenza tra fare film che assecondano i gusti locali/attuali del grande pubblico e fare arte cinematografica. Ed è ovviamente la stessa che divide l’intrattenimento dalla cultura. Come noto, la prima categoria ha come vetrina internazionale prediletta gli Oscar americani, mentre per la seconda c’è La Biennale cinema.
Da patito e forte promulgatore dell’importanza essenziale del Film-Ignorante®, senza il quale non esisterebbe l’altra faccia della medaglia, e senza il quale avrei goduto di molte meno gioie nella vita, non posso che affermare che se dietro alla cinepresa c’è una testa pensante che fa le cose con amore, gusto ed ingegno, anche l’intrattenimento ha una sua dignità e merita un posto nel Kuore® degli appassionati. Dopo dieci documentari in bianco e nero senza colonna sonora sulla miseria del Tibet, anche il povero Ghezzi darebbe un braccio (se solo gliene fosse rimasto almeno uno) per vedere l’ultimo X-men ruttando Red Bull.

20160902_111001_perfectlyclearPresi questi due grandi insiemi grezzi (intrattenimento e cultura), diventa facilissimo definire il concetto di Capolavoro: la loro intersezione. Cioè i film culturali, educativi ed artistici che riescono ad arrivare a tutti ed entusiasmare il grande pubblico©. Trovo ottusamente snob, rigido e schiavo della propria bassa autostima chi vuole a tutti i costi affermare la superiorità di uno o dell’altro modo di fare cinema. Ci sono pochissimi registi che nella storia son riusciti ad entrare in questo piccolo club, infilandosi nella microscopica intersezione appena definita. Tra questi di certo non c’è Lav Diaz che, con il suo The woman who left, ha vinto la 73ma Mostra D’arte cinematografica di Venezia: un bellissimo film, carico di un’emotività empatica sconfinata, un’opera senza compromessi, che non s’inchina, ma che non vedrà praticamente nessuno. E non lo dico come critica negativa, io stesso verso la fine della scorpacciata al Lido l’ho citato come ragionevole vincitore: era infatti il più artistico tra i film presentati in una mostra d’arte.

Perché ribadisco questi concetti elementari che ogni appassionato di cinema conosce benissimo? Per riequilibrare almeno a livello numerico tutta l’immondizia che si è letta dopo la vittoria del film filippino: “a Venezia vince sempre il terzo mondo“, “scelte così elitarie fanno male al cinema“. Che somiglia ai vari “Alla mostra vincono sempre i musi gialli” degli 8 anni della meravigliosa direzione artistica precedente. So benissimo che i giornalisti che scrivono queste pacchianate lo fanno solo perché sanno che un messaggio idiota che arriva alla panza della massaia mestruata funziona molto di più di uno che arriva al cervello. I giornalisti, anche l’ultima ruota del carro dell’ultimo giornale online di periferia, non sono stupidi: sanno perché quel film ha vinto e sanno bene la differenza tra “far di tutto pur di vendere biglietti” e “creare un’opera che rimarrà negli anni come esempio di arte sopraffina”. Ma se vogliono diventare popolari devono giocare sporco, sparando a zero, per stizzire gli appassionati ed assecondare la grande massa di lettori casuali che legge di cinema una volta all’anno: il risultato assicurato è che tutti ne parleranno, per complimentarsi o per insultarli. 20160906_192027_perfectlyclear E più se ne parla e più continueranno a colpire sotto la cintura. Io stesso in questo momento – citando il loro doppio gioco infame – sto avvalorando quel comportamento e avvilendo tutto ciò in cui credo.

Ora veniamo alle statistiche definitive del più grande evento dell’anno. Mi interessa particolarmente mettere i giudizi a confronto. Per la giuria di Venezia73 il podio è stato:

  1. The Woman Who Left di Lav Diaz
  2. Animali notturni (Nocturnal Animals) di Tom Ford
  3. A pari merito Paradise di Andrei Konchalovsky e La Regiòn Savaje (The Untamed) di Amat Escalante

Per la cricchetta, in media, dopo aver valutato ben 60 film in dieci giorni, i migliori tre sono stati:

  1. The Woman Who Left di Lav Diaz
  2. Jackie di Pablo Larraín
  3. El Ciudadano Ilustre (The Distinguished Citizen) di Mariano Cohn E Gastón Duprat

Questo in generale, ma chi legge questo sito si sarà fatto un’idea delle differenze di vedute tra i vari recensori, e si sarà quindi sintonizzato su certe frequenze piuttosto che su altre. Così nel momento di dover scegliere se andare al cinema, sa di chi fidarsi. Ecco quindi i migliori film per ogni singolo recensore:

Michele Arienti

  1. El Ciudadano Ilustre (The Distinguished Citizen) di Mariano Cohn E Gastón Duprat
  2. The Woman Who Left di Lav Diaz
  3. Animali notturni (Nocturnal Animals) di Tom Ford
  4. Miglior visione fuori concorso: Manhattan di Woody Allen

Angelo Vianello

  1. The Woman Who Left di Lav Diaz
  2. Paradise di Andrei Konchalovsky
  3. Jackie di Pablo Larraín
  4. Miglior visione fuori concorso: Safari di Ulrich Seidl

Adelio Garcia Alfisi

  1. Paradise di Andrei Konchalovsky
  2. Jackie di Pablo Larraín
  3. La La Land di Damien Chazelle
  4. Miglior visione fuori concorso: The Young Pope, Pamilya Ordinaryo e Quit staring at my plate

Andrea Marin

  1. On the Milky Road di Emir Kusturica
  2. Animali notturni (Nocturnal Animals) di Tom Ford
  3. El Cristo Ciego di Christopher Murray
  4. Miglior visione fuori concorso: In Dubious Battle e Are we not cats

Angela Andreoli

  1. Animali notturni (Nocturnal Animals) di Tom Ford
  2. On the Milky Road di Emir Kusturica
  3. El Cristo Ciego di Christopher Murray
  4. Miglior visione fuori concorso: Tarde para la ira (the fury of a patience man) e Gukoroku (Traces of Sin)

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Che altro ricordare? Posti di blocco anti ISIS con le forze dell’ordine che osservavano a distanza, grazie agli occhi a Raggi-X, le borse dei passanti. Tantissima gente, sale piene, ne sanno qualcosa gli oltre cento accreditati stampa rimasti fuori dall’attesissima proiezione dell’ultimo (mediocre) Kim Ki Duk. Poca festa, poco glamour o forse poco pubblicizzato, di sicuro non sanno vendersi bene. noprostituteGli americani con quattro baldracche bionde panciute, una manciata di fagioli e una tenda avrebbero spremuto più soldi di quanti ne hanno racimolati in tutte le serate tristi e PRIVATISSIME col rettore, il sindaco e le sgallettate/scosciate/ficastretta in cerca di marito ricco messe assieme. Ormai è rimasta solo in Italia e nel terzo mondo l’eccitazione per il club privè. Ricordo le solite code disperate alle biglietterie dedicate agli introvabili Coupon gratuiti che sarebbe ora di eliminare, perchè finiscono tutti nelle viscide mani dei pensionati del Lido che, colti dal raptus delle sei di mattina, immaginano che FORSE, nel pomeriggio, vorranno vedere un film. noanzianiMa la demenza resetta tutto, e di li a due ore si trovano ad usarli per pulire i vetri della veranda senza nemmeno sapere perchè ce ne sia una borsa piena in atrio. Sinteticamente eliminerei sia la barzelletta dei Coupon che la piaga dei pensionati. Infine, il più grande cambiamento in assoluto non è stata la copertura del cantiere che ha dilaniato il colpo d’occhio sulla cittadella del cinema fino allo scorso anno, ma che nel 2016 è stato finalmente fatto il balzo in avanti nella selezione degli uscieri: i soliti tamarri abbronzatissimi sulla trentina son stati sostituiti da ventenni timidi col taglio di capelli alla moda. Ovviamente più facili da sottopagare. L’avevo tanto auspicato, ma ora che non c’è più, so che mi mancherà quel tocco ruspante regalato dagli occhiali scuri da quattro soldi, lo sguardo truce, le maniere da galeotto e la pelle bruciata dal sole. Come mi manca il prendere in giro le persone che negli anni ho perso di vista.

Al prossimo anno!

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