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#Venezia78 – Una maratona di 50 film in 10 giorni alla Mostra Internazionale D’arte Cinematografica di Venezia

di il 19/09/2021
 

Sono in coda al bar per una birretta. La cassiera stacanovista è al telefono ma riesce comunque a battere gli scontrini. Ha i superpoteri. È il mio turno e continua a dialogare, cosi aspetto un attimo in silenzio, per darle tregua. Alle orecchie mi arriva:

Qua sta pieno de froci, e c’han tutti le unghie colorate

Mi guardo la punta delle dita, son quasi arrivato al sangue da quanto ho scorticato le pellicine: “Una birra in bottiglia, grazie“. Rimango dell’idea che saluterei con gioia l’arrivo dei Pop Corn in sala.

EL HOYO EN LA CERCA di Joaquin del Paso è la classica occasione sprecata. Monta per un’ora un thriller fanciullesco efficace anche se piuttosto forzato. Poi, nella seconda parte, davanti a questo pentolone bollente in attesa di una valvola di sfogo, il regista si perde, non sa che fare, va in confusione, diventa frettoloso e butta via tutto per mancanza di alternative. Inquietante lo sarà pure ogni tanto ma è un gigante dai piedi di cristallo. Peccato.

LAST NIGHT IN SOHO è invece un capolavoro stilistico del geniale Edgar Wright, passa con grande naturalezza dalla commedia brillante/romantica al thriller/horror psicologico, sfiorando pure il grottesco in una Londra anni ’60 in cui nemmeno il più sfegatato dei nostalgici vorrebbe vivere. È una gioia per gli occhi ma qualche prevedibilità di troppo e alcuni buchi di trama gli strappano via la lode. Rimane certamente consigliato!

Serve un tampone?

Come lo scorso anno, la Mostra pone in essere misure anti-COVID al top: tamponi rapidi gratuiti, mascherine gratuite, misurazione della febbre, gel disinfettante, mascherine obbligatorie durante le proiezioni e distanziamento interpersonale in sala. La perizia con la quale viene garantita la sicurezza all’interno della cittadella rende ancora più evidente il pessimo trattamento riservato ai clienti dei mezzi pubblici che gli accreditati prendono per raggiungerla: stipati e luridi. Praticamente si bacia controvoglia il vicino spremuto su di sé come un limone.

La prima delusione, tra i film più attesi dalla Cricchetta a #Venezia78, arriva da un veterano già vincitore in passato del Leone d’oro. Il rasoio che aveva sezionato lentamente le ossa degli spettatori in Sala Grande mentre qualche anno fa passava a schermo Desde allá, si è burocratizzato in una denuncia esplicita alla Ken Loach trasformandosi ahi-noi, più che altro, in una raccomandata con ricevuta di ritorno. Rimane un progetto di un’onestà smisurata ma, stavolta, la cottura non è a puntino. LA CAJA ha l’indubbio vantaggio di durare poco: un regista meno talentuoso di Vigas l’avrebbe allungato di un’ora facendolo girare ulteriormente a vuoto.

Il regista di EL GRAN MOVIMIENTO

EL GRAN MOVIMIENTO di Kiro Russo dá lezioni di creatività. Ci sono voluti 10 anni di lavoro per partorire il film con la più bella fotografia della selezione veneziana 2021. Nonostante un prodotto con montaggio e soluzioni cosi estreme risulti pressoché inguardabile, serve oggi più che mai per dare una prospettiva diversa: spinta indispensabile per resettare negli spettatori il metro di misura con cui valutare il Cinema. Il mood contemplativo spezzato da elementi dissonanti (ne sia ad esempio la parte musical), l’abuso dello zoom, del rumore video, del nero assoluto, il tutto costretto all’interno di uno sguardo rigidamente formale, avrebbe avuto probabilmente più senso in un’installazione di video-arte ai Giardini di Venezia. Rimane sicuramente, un’opera profonda e coraggiosa.

Le giornate passano rapide e se ne perde il conto, il tran tran quotidiano si ferma dietro a un’invisibile barriera che circonda il Lido di Venezia. Siamo tutti qui per i film e sono loro, adesso, il centro del mondo. Solo una visione può cambiare l’umore di una giornata, non certo un messaggio WhatsApp o una telefonata improvvisa. E’ qui, in mezzo a questo idillio, che ogni tanto imparo anche qualcosa sulla cultura locale: una poetessa veneziana, in coda con la sua bicicletta ad uno dei varchi della cittadella, attrae la mia attenzione enunciando ad alta voce la sua ultima composizione:

Mi qua no ghe vivarìa manco se i me paga, el più simpatico del Lido xe un deo in cueo” (Traduzione: Al Lido non ci vivrei perché qui sono tutti antipatici)

 

Regista e attore principale di Reflection

VIDBLYSK (RIFLESSO) di Valentyn Vasyanovych. Lo stiloso regista ucraino firma una pellicola elegante ma poco compatta che regala simmetrie, dovizia di particolari (pure troppa), dramma e violenza. Dal punto di vista estetico è un fuoriclasse ed erano anni che non sentivo cosi poca distanza tra lo schermo e gli spettatori. C’è davvero un film da 5 stelle sparpagliato in mezzo a Reflection ma, oltre a quello, c’è anche parecchio fumo, alcune scene che non funzionano e una lunghezza ingiustificata. Lo so che è difficilissimo scegliere cosa buttar via quando si ha tutto il materiale sul tavolo ma mai come in questo caso un lavoro di sottrazione e sintesi avrebbe fatto brillare il prodotto finale. Grande occasione mancata.

Di nuovo al bar, sono le 10.30 e lo stomaco è già pronto per un Vodka-Redbull. E’ appena finita la prima proiezione della giornata. Una ragazza chiede a un anziano in coda dietro di lei di indossare la mascherina o, almeno, di tenere il distanziamento.
Risposta dell’anziano: lei è un’idiota.
Da li la bagarre: gente che alza la voce, insulti e uno che sta per mettere le mani in faccia al vecchio: ecco gli effetti di vedere un western la mattina presto.
OLD HENRY di Potsy Ponciroli resterà nella storia anche per il colpo di scena più tamarro di sempre e i baffoni del protagonista. Inutile aggiungere che l’ho amato: divertimento garantito!

La trama di ANATOMIA di Ola Jankowska si srotola lenta, piatta e pigra. Priva di idee. In sala si sonnecchia a tempi alterni: è il film perfetto per il primo pomeriggio, garantendo la pennichella post prandium. Il fuggi fuggi generale nonostante la presenza della regista e della delegazione polacca, è il doloroso bacio della morte a questo infelice progetto. Ho provato a resistere fino in fondo ma ho dovuto cedere anch’io dopo un’oretta. Quest’anno c’è stato decisamente un problema con la selezione delle Giornate Degli Autori. Sconsigliato!

L’adorabile sacchetto sigilla-smartphone

Una delle novità di questa edizione è l’adorabile sacchetto sigilla-smartphone, da usare obbligatoriamente durante le proiezioni dei blockbuster, tipo DUNE o il film-documentario sui Led Zeppelin ❤️
Non ci è dato saperlo ma, mi domando, gli scorsi anni c’è stato davvero un problema di pirateria o semplicemente le grandi case di produzione americane considerano gli accreditati Italiani dei ladruncoli cosi, per partito preso?

OBKHODNIYE PUTI (DETOURS) di Ekaterina Selenkina. Per la maggior parte del tempo vengono inquadrati scorci di periferia russa con quello che sembra un telefonino. Fotografie tecnicamente piuttosto infantili.
All’interno di questa sottospecie di documentario poco Interessante, c’è una piccola storia inconcludente, del tutto superflua alla qualità globale del film: vedo le stesse facce e lo stesso degrado tornando da lavoro, passando per Marghera e Campalto. A che serve aumentare la dose di bruttezza standard quotidiana?
Probabilmente avrebbe funzionato come corto, scremato da tutti quei minuti cristallizzati sui palazzoni popolari: se hai 10 minuti di storia, per l’amor di Buddha, fai 10 minuti di film.
Mi ha fatto rimpiangere Freikörperkultur, l’obbrobrioso corto in dialetto friulano che ha anticipato il film.

HALLOWEEN KILLS è un colpo al cuore, perché gira il coltello nella nostalgia. Povero Halloween, uccide ancora si, ma ormai con l’alopecia. Questo KILLS, proiettato con onore in Sala Grande, è il seguito diretto del già deludente reboot del 2018 a firma del pessimo David Gordon Green. Tra la recitazione da commedia trash e il maldestro, frettoloso, messaggio sociale, c’è poco da salvare. Intendiamoci, quando c’è Lui sullo schermo tutto gira meravigliosamente: spaventa, diverte ed eccita. Viene pure inquadrato spesso, ma evidentemente troppo di rado per salvare il film. Rimpiango il buon vecchio Rob Zombie.

 

Ridge Forrester di Beautiful che tocca la gobba a Lino Banfi è INDUBBIAMENTE la foto del 2021

INFERNO ROSSO. JOE D’AMATO SULLA VIA DELL’ECCESSO di Manlio Gomarascae Massimiliano Zanin.
Certo, figo vedere il documentario sui Led Zeppelin in Sala Grande, con Jimmy Page seduto li a pochi metri, osannato dal pubblico. Pazzesco anche quello sui tossici americani, girato in quasi 40 anni, ed è molto cool sentire la sviolinata di Tarantino a Corbucci, suo idolo e Secondo Miglior Regista di Western all’Italiana ma, a livello umano, questo su Joe D’Amato tocca corde davvero profonde.
Sono entrato in Sala Volpi convinto di divertirmi e invece mi sono quasi commosso. Consigliato!

NOSORIH (RINOCERONTE) di Oleh Sentsov. Un film Ucraino, certo, ma ci ha messo dù spicci la Apple, diciamo che non è esattamente una produzione messa in piedi da un paio di scappati di casa. Tute in acrilico, musica trash in discoteche-tugurio, giubbotti jeans, BMW nere, marmitte truccate, picchiatori ignoranti, alcolizzati, povertà, bullismo, machismo, muscolosi con la pancia in maglietta aderente. Montecarlo? No, l’Ucraina dei sogni ❤️ Una tale incetta di luoghi comuni legati all’est Europa fa sembrare i ceffi che ti fissano in stazione la notte delle principesse Disney. Rinoceronte, soprannominato cosi per la testa a forma di macigno, il collo largo quanto un cassonetto e il cervello più incasinato di una poké bowl è il nuovo Idolo 2021 della Cricchetta: ogni refolo di vento è una buona scusa per vederlo rotolare in una rissa. C’è tanta tanta Ucraina in questo film ma, da ingordi che siamo, ne avremmo voluta ancora di più per dargli il massimo dei voti. Consigliato.

Finiamo la carrellata con KAPITAN VOLKONOGOV BEZHAL (IL CAPITANO VOLKONOGOV È SCAPPATO) di Natasha Merkulova e Aleksey Chupov dicendo semplicemente che, dopo la prima mezz’ora in cui l’asticella della qualità salta nervosamente fuori scala, sorprendendo con costumi, idee originali e inquadrature perniciose sui corpi muscolosi dei giovani atleti russi che recitano nel film, il regista perde la bussola e inizia a sciorinare scivoloni di cattivo gusto. Grotteschi. Ancora oggi, dopo giorni e giorni dalla visione, non riesco a capire se le risate suscitate in sala siano state volute o, come temo (visto quanto il film si prende sul serio), siano frutto di un’inquietante comicità involontaria. Restano comunque gocce di Grande Cinema, anche geniale, a tratti.

 

Al prossimo anno, vecchia cara Mostra del Cinema!

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