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#Venezia78: late late review molto femministǝ

di il 27/06/2022
 

Lo so, la scelta di inserire la f-word nel titolo porterà il 60% dei 25 lettori della Cricchetta ad alzare gli occhi al cielo ed a togliere il sito dalla barra dei preferiti, il 5% a scorrere velocemente questo articolo per poter sogghignare cinicamente sugli sproloqui di una delle troppe “meravigliose macchine per fare figli” cui non è (ancora) stato negato il diritto di alfabetizzarsi ed il restante 35% di volenterosi sarà ulteriormente scoraggiato dalla storpiatura californiano-progressista della nostra perfetta grammatica.
Bene, fatta la dovuta pulizia di omosessuali repressi, vecchie stanche e religiosi praticanti, cominciamo.

À PLEIN TEMPS di Eric Gravel fa esplodere, per tutta la sua durata, il concetto di “tempo pieno” preannunciato nel titolo. La protagonista si muove senza sosta come un topo in un labirinto di cui cerca freneticamente l’uscita, sbattendo ripetutamente su pareti di vetro sbeccato su cui finiamo per graffiarci anche noi.
Da qualche parte, forse in un’edizione limitata di un Bacio Perugina o su un post di Facebook di una nonna boomer, ho letto la frase “Ci aspettiamo che le donne madri lavorino come se non avessero figli e crescano i loro bambini come se non lavorassero” (1). Il film prende questo concetto, lo appallottola e lo fa scivolare giù per un piano inclinato trascinandoci lo spettatore che fino alla fine starà lì a rotolare e, mentre rotola sempre più velocemente sul tragitto Parigi – periferia, continua a chiedersi su che superficie finirà per schiantarsi. Così fino al minuto 84 (su 85).
Consigliato.

 

 

LA SCELTA DI ANNE – L’ÉVÉNEMENT di Audrey Diwan non ha certo bisogno di presentazioni, essendosi aggiudicato niente di meno che il Leone d’Oro. Come noto, tratta la storia di una promettente studentessa dell’Università di Birmingham, Alabama, che alla fine del 2022 rimane incinta a seguito di un rapporto sessuale occasionale con un suo coetaneo. Essendo una cittadina americana iscritta all’anagrafe ed alle liste elettorali, maggiorenne, in pieno possesso delle proprie facoltà mentali ed in regola con il pagamento delle tasse universitarie, ritiene di poter determinare il destino di quella cellula sbadatamente fecondata che porta nel proprio utero. Si scontrerà invece con una legge che vieta di fatto l’interruzione di gravidanza in ogni circostanza e stabilisce che i medici che la praticano rischiano fino a 99 anni di carcere.
“Dio ha creato il miracolo della vita dentro l’utero della donna e non sta a noi esseri umani uccidere la vita” si sente rispondere dal senatore locale al quale si era rivolta per perorare la propria causa. Tuttavia, non tutto è perduto: l’incontro con il senatore le ha permesso di cogliere alcune indiscrezioni sulle proposte di legge in discussione. Apprende così che dal 1° gennaio del 2023 non sarà più richiesto ai cittadini dell’Alabama di essere in possesso di una licenza per il porto occulto di un’arma per difesa personale. A questo punto, realizza che le basterà iscrivere il bimbo ancora in fasce nel più frequentato asilo nido della città…

Film avvincente, anche se forzatamente distopico, bella fotografia: consigliato.

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1 Si tratta invece di una citazione molto intelligente della giornalista Amy Westervelt.

commenti
 
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  • tanaka
    02/07/2022 at 19:07

    Gentile signorina,
    appartenendo a tutte le categorie da lei citate (omosessuale represso, vecchia stanca e religioso praticante) ho deciso di uscire dalla mia sdegnosa misantropia (stato peggiorativo della mia precedente e ben nota misoginia) e commentare il suo articolo. Pur sentendomi onorato di essere stato citato nel suo articolo, le devo fare notare che la frase corretta non è “meravigliose macchine per fare figli” ma “meravigliose macchine per la riproduzione”. Ora, qualcuno più superficiale di lei potrebbe pensare si tratti di una differenza di lana caprina ma, in realtà, il cambio semantico è radicale. Nella versione da lei riportata si evoca, in senso spregiativo, la miracolosa funzione della maternità come riduttiva definizione dell’universo femminile. Nella versione corretta, invece, ciò che è sottolineato è l’aspetto cosmico-ingegneristico della donna, astratto da qualsiasi riferimento contingente che, peraltro, non desta in me il minimo interesse. Molto più insignificante, in questo quadro “tecnologico”, l’apporto dell’uomo quale cieco fornitore del catalizzatore necessario all’inizio del processo.
    La saluto affettuosamente confermandole che sì, la schwa nel titolo mi ha infastidito, come tutte le altre stupidaggini di questi tempi mediocri: la “cancel culture”, il “politically correct”, il “me too”, il veganesimo, ecc.

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