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#Venezia78 – I film da non perdere alla Mostra Del Cinema 2021, utile guida per poi essere sorpresi dall’inaspettato

di il 30/08/2021
 

A parte qualche anziano giornalista, meglio se para-statale, che si trascina malvolentieri al Lido per sfruttare il rimborso spese ai ristoranti, la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è frequentata da appassionati. Si va per i film, oggi più che mai visto che – tra Green Pass ® e mascherine – feste, occhiali da sole firmati e tappeto rosso sono ridotti all’osso. Mai come lo scorso anno ho visto la cittadella del cinema così spoglia, silenziosa ed elegante: finalmente tornata alle origini, ricompattata in un evento senza fronzoli in cui il cinema è strumento e fine, è l’alfa e l’omega, scremato del superfluo. La possibilità di prenotare il posto online è la ciliegina sulla torta di un evento che, dalla crisi pandemica, è riuscito a tirare fuori il meglio, facendo evitare al pubblico code caotiche, odorose e a volte pericolose, sotto la candela mortale del sole di settembre.
Ora che il metro di misura è resettato, urge dare un’occhiata alla ricca programmazione di quest’anno. Ci sono ben 14 film che a mio parere non vanno persi, anche solo per il gusto di sentirli spiaccicare al suolo, spernacchiati in un tonfo sordo.

Lo so, lo sento anch’io quel prurito sulla punta delle dita, ce lo siamo chiesto tutti: perchè tanti italiani in concorso, nonostante la pessima nomea che si porta dietro la settima arte de noialtri nel circuito internazionale (e nel mio kuore)? I casi sono tre:

  1. ai selezionatori piacciono le sfide,
  2. hanno dovuto accettarli minacciati da una pistola alla tempia,
  3. avendo primeggiato sia nello sport (Europei, Wimbledon, Olimpiadi) che nella musica (Måneskin), magari l’Italia è veramente la nazione miracolata del 2021.

 

I nomi forti sono:

AMERICA LATINA. Dopo il sorprendente esordio, le collaborazioni con Garrone e lo splendido/disturbante (copia-incolla del perfetto indie americano) Favolacce, i  fratelli D’Innocenzo giocano finalmente nel campo da giochi dei grandi: occhi negli occhi con chi prima, dall’alto, li considerava Meteore o Enfant Prodige di nicchia. Di loro mi son piaciute entrambe le opere, ammettiamolo: chi si potrà mai scordare la scena dei Pan di Stelle conditi col latte materno spremuto dalla tetta di un’obesa in spiaggia? Son giovani e promettenti, al momento gli unici sotto i 40 anni ad avere il talento e la competenza per creare qualcosa che non sembri immondizia televisiva.

FREAKS OUT. Gabriele Mainetti, dopo tanti anni dal successo planetario del suo unico film (Lo chiamavano Jeeg Robot) si gioca la carriera. Ci tengo a vederlo sfilare sudatissimo e rigido come un’ottantenne mentre gli vengono i crampi a furia di tenere le dita incrociate. La sua è stata fortuna o ha talento?

È STATA LA MANO DI DIO. Paolo Sorrentino fa film alla Paolo Sorrentino, più che un ossimoro, è la certezza che le sue pellicole hanno il retrogusto amaro del già visto ancora prima di essere viste, nonostante le trovi da sempre molto divertenti. Si entra in sala solo per il rispetto dovuto a un genio capace di scrivere un capolavoro come Hanno tutti ragione.

Voltando la pagina dell’orticello italico, ecco quelli che sulla carta sono i veri assi, li metto in ordine di aspettativa personale, dal più cool al più senile:

SUNDOWN. Michel Franco ha stupito e shockato tutti lo scorso anno con Nuevo orden, un thriller asciutto, dolorosissimo ed estremamente violento. Un film infernale che mi ha tolto il sonno per giorni. Se dovesse ripetersi con la medesima qualità, avrà terra bruciata dietro di sé. Gli era stato rubato il Leone D’Oro per buttarlo nelle mani dell’orribile, senile, placido e anonimo Nomadland. Speriamo non si ripeta un crimine del genere.

COMPETENCIA OFICIAL Gastón Duprat, Mariano Cohn, già vincitori morali nel 2016 col loro capolavoro El ciudadano ilustre, si presentano quest’anno con un progetto che non promette benissimo sulla carta. Non vedo l’ora di essere sbalordito, di nuovo.

MONA LISA AND THE BLOOD MOON di Ana Lily Amirpour. Chi non conosce il genio che risponde a questo nome si è perso come minimo un capolavoro, se non due: A Girl Walks Home Alone at Night, il noir/horror in bianco e nero con la vampiressa in skateboard e il controverso The Bad Batch, Premio speciale della giuria alle mostra del cinema di Venezia del 2016.

THE CARD COUNTER di Paul Schrader. E’ da quindici anni che lo danno per finito/morto e poi invece continua a sorprendere e mutare come un camaleonte fino ad arrivare a First Reformed – La creazione a rischio, un capolavoro potentissimo e indimenticabile. Magari tutti i registi esaurissero la loro vena artistica così, l’attesa per la sua ultima opera è altissima.

LA CAJA. Lorenzo Vigas è il regista che ha vinto la Mostra del cinema di Venezia nel 2015, premiato meritatamente col suo splendido Desde allá, un capolavoro che, ancora oggi, al solo ricordo scricchiolano le costole. Crudo, vero e di una onestà più micidiale di qualsiasi arma.

ON THE JOB: THE MISSING 8. Che ci fa un adorabile, strambissimo Filippino come Erik Matti in concorso? Ha cambiato marcia? E’ difficile immaginarselo come serioso film d’autore. Sempre sopra le righe, è decisamente la sorpresa di questo 2021, per di più lunga oltre tre ore. Ci sarà da divertirsi.

SPENCER. Pablo Larraín è un grande, a volte pesante a volte convincente ma sempre di indiscussa caratura artistica. Oramai svetta sull’olimpo degli dei da tantissimi anni, son lontani i tempi della militanza. Un successo, il suo, tutto tranne che immeritato. Roba vecchia? Forse, ma prima di bollarlo consiglio di guardare Lisey’s Story: nella mini serie (prodotta da Apple) dimostra un’ecletticità finora insperata. Ha sempre presentato opere robuste ma stavolta potrebbe aver aggiunto anche un pizzico in più di imprevedibilità.

MADRES PARALELAS di Pedro Almodóvar, un nome una garanzia, nonostante la senilità oramai straripante. Ha fatto tanto, troppo, bene in passato per non dargli credito, nonostante gli spaventosi, dolorosi, scivoloni negli ultimi anni.

Fuori concorso non c’è storia, la fa da padrone DUNE di Denis Villeneuve. Per questo film sono usciti dalle tombe zombie che non parlavano di cinema dagli anni ottanta, l’aspettativa è altissima, anche se mai quanto la mia curiosità nel vedere le loro reazioni a fine pellicola. Se riuscirà a superare la prova del pubblico, ci troveremo davanti un campione d’incassi che potrebbe far dimenticare i record di James Cameron.
So che sono tantissimi anni che dopo la visione dei suoi film mi esce sangue dal naso ma all’amore non si comanda: THE LAST DUEL di Ridley Scott vedrà me, come tutti, in sala, pronti a brontolare per l’ennesima volta durante i titoli di coda. Chiude LAST NIGHT IN SOHO di Edgar Wright. Come chi è?! E’ il geniale/divertentissimo regista di Baby Driver e Scott Pilgrim vs. the World: specialista nel saper innovare generi vetusti e popolari. Saper ringiovanire il vecchio carrozzone della settima arte è un talento rarissimo, e più passeranno gli anni e più sarà prezioso. Secondo me quello con lui è un appuntamento imperdibile.

Le previsioni fatte finora paiono ragionevoli, si, finché si finge di dimenticare che, oggi, il più grande cinema al mondo è quello est europeo. Il Film® della Biennale Cinema 2021 ha un’altissima probabilità di essere nascosto tra quei cognomi impronunciabili.

Per i documentari, ci sono da segnalare quello sui Led zeppelin e quello sul divo del porno-horror italiano anni ’70 Joe D’Amato, quest’ultimo di certo punta di diamante della selezione. In ultima non voglio assolutamente perdermi Le 7 giornate di Bergamo, il documentario di Simona Ventura: intravedo divertimento assicurato per la prevedibile comicità involontaria e sfilate di starlet italiane senza arte nè parte con tacco dodici e tubini fluo. Evidentemente nel programma di questo grande festival, ci deve essere per forza una diva da tabloid nostrani. È passata la Ferragni, ora tocca alla Ventura, il prossimo anno, chissà, magari un film postumo di Gigi Sabani?

-2 giorni, can’t wait!

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