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#Venezia75 – Pre-apertura, Il Golem – Come venne al mondo di P. Wegener

di il 29/08/2018
 

La serata di pre-apertura della Mostra internazionale d’Arte cinematografica di Venezia è dedicata ai residenti della bella città metropolitana. Infatti si entra gratuitamente a patto di aver ritagliato il coupon da un quotidiano locale ed averlo infine scambiato brevi manu nell’apposito ufficio di piazza San Marco (o al Lido di Venezia) col biglietto vero e proprio. L’idea sarebbe bella se, per intrinseche scomodità negli spostamenti tra canali e calli, l’iter non bruciasse un intero pomeriggio: la platea di teste argentate in questa serata conferma che i pensionati hanno risposto vigorosi al vantaggio a loro flebilmente riservato.

La Sala Darsena – in grande spolvero – è gremita, vedo decine di posti riservati alle autorità, noto divertito la sicurezza privata dal viso truce e gli uscieri in tenuta da James Bond, insomma, tutto è pronto per la prima proiezione mondiale di Der Golem, wie er in die Welt kam di Paul Wegener dopo il lungo restauro.

 

Lo spettacolo consiste nell’incontro o, per meglio dire, nello scontro tra due pesi massimi dell’espressone artistica internazionale: Biennale Musica e Biennale Cinema. Scontro perché gli stridori acidi e futuristici dell’orchestra (arricchita da una base elettronica capace di arrivare a picchi industrial) che ha musicato dal vivo questo classico muto del 1920, riescono a scherzare con le immagini (obiettivamente tenere e in parte risibili) solo di rado. Non dico che il risultato sia stato dissonante, penso piuttosto che le due parti siano stati ingredienti ermeticamente complementari e necessari al godimento degli spettatori.

Se la trama del film, in un progetto così ambizioso, è la parte più inutile e gentile di tutte, la morale è pesantissima: il Golem è la metafora di quella forza risolutrice che tutti hanno provato ad evocare almeno una volta nella vita quando i problemi sembravano insormontabili. Non sarebbe bello che una potenza esterna arrivasse e facesse tutto da sola? Il Golem è il simbolo del fallimento degli intenti davanti a quello che sembra l’ineluttabile. E’ l’inettitudine. E’ la speranza che tutto, quando è troppo, si sappia aggiustare da sè. Il Golem è la speranza in una provvidenza vigliacca, è la decisione che non si sa prendere.

Il Golem è figlio di tanta letteratura passata e antesignano degli eroi moderni, da Maciste a Spiderman; non spara raggi laser dagli occhi facendo innamorare le ragazzine in sala, il Golem è argilla, forza disumana, un cuore che palpita e uno spirito libero. E’ servitore/salvatore creato da un Rabbino/stregone ma è anche pieno di vita, un ribelle che non abbassa la testa.
Questo sentire troppo sarà il suo talento ma anche il suo limite, debolezza perfettamente riassunta in quel finale nero con lo scherzo della bambina bionda. Un gioco stupido che distrugge l’enorme, primitiva, umanità del mostro.

Cinematograficamente parlando non può che rimanere il ricordo del Golem bramoso di libertà, che prende coscienza di sé, capace di esistere, di avere una propria volontà e dignità. L’immagine di lui mentre rade al suolo il castello/prigione coperto dalle fiamme è epica. Musicalmente parlando invece si è raggiunto l’apice nel momento in cui il campionamento dell’acqua diventa melodia e ritmo in un attimo fremente, difficile da descrivere, indimenticabile.

Insomma, un film tedesco girato in epoca pre-olocausto che parla di ebrei rei di essersi addentrati troppo nelle arti dell’occulto, che racconta l’urgenza nel volerli cacciare dal ghetto e della piaga biblica capace di piegare prima gli aggressori e poi gli aggrediti, un film ben consapevole che il bene e il male coesistono sempre contemporaneamente in tutto e tutti, si può non amare?

Non è facile trovare la nota stonata dopo aver assistito ad uno spettacolo così denso e ricco. Sarebbe stato divertente raccontare dell’uso smodato e folle della calzamaglia tra gli attori, ma è chiaro che in quegli anni il senso del ridicolo era diverso. Oggi nessuno ride degli Hipster e degli anziani tatuati, dopotutto. Lode quindi alla Mostra del cinema che commissionando i lavori di recupero dell’opera ha permesso di ricreare nel 2018 un’emozione che altrimenti sarebbe andata persa per sempre.

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