Da ragazzo amavo molto l’interazione con le persone, la trovavo arricchente e stimolava la mia curiosità. Serbo il ricordo di un compagno di “lotta comunista” che invitandomi ad un incontro al quale non potevo partecipare perché impegnato in attività di volontariato, mi spiegò che non solo stavo perdendo l’occasione di approfondire “la causa”, ma che alleviando le sofferenze dei più disperati stavo addirittura rallentando l’avvento della rivoluzione. Insomma ero un elemento controproducente.
Mi piace pensare che Qualcosa di simile debba essere capitata a James Franco che ha deciso di impostare un film storico su una riflessione intelligente ed originale sul dilemma che ci affligge ogni volta che abbracciamo una battaglia seppure giusta: se il prezzo da pagare è la perdita della propria umanità, siamo disposti a combattere?
In dobious battles non è solamente un film diretto magistralmente, per esempio con un uso del chiaroscuro molto bello, e nemmeno un documentario romanzato sulla condizione dei lavoratori agricoli durante la grande depressione. È la narrazione di un vuoto dentro alle persone che è riempito dalla loro umanità o dalla dedizione alla causa ma non da entrambe. È, al pari di “riso amaro” di “De Santis”, un viaggio attraverso le speranze che animano personaggi disposti a molto per concretizzarle in un ambiente ostile ed ingiusto. È una drammatica constatazione che il popolo agisce spinto dalle emozioni e non dalla ragione, e che le emozioni vengono pilotate.
Forse, come unico neo, segnalerei una certa superficialità nel trattare alcuni personaggi che sarebbero potuti essere valorizzati maggiormente. Ma il film è certamente da vedere.