#Venezia81 – Fuoco sullo schermo e fuoco in sala, One to One: John & Yoko di Macdonald e Rice-Edwards
Un film su John Lennon che non finisce nè inizia con la sua morte e che, anzi, ci scherza su: vogliamogli tanto bene
Giovedì, un giorno in ritardo. Non riesco ad essere puntuale nemmeno per la proiezione della sera e, già in battello, sbirciando l’orologio, morso dall’afa, sento l’agitazione premere sulle ghiandole sudoripare. L’orario dei mezzi di trasporto, l’ufficio accrediti, i controlli anti-bomba, il parcheggio furbo al Tronchetto: dopo un anno è disumano ricordare ritmi, incastri e prassi locali. Entro in sala a sigla iniziata solo per accorgermi che è la stessa dello scorso anno. Anche la facciata del palazzo del cinema è invariata. Sommando le due cose all’aumento del prezzo dell’abbonamento e al fatto che da quest’anno agli accreditati stampa non viene più regalato il biglietto d’ingresso a Biennale Arte, ne risulta che anche in paradiso ogni tanto piove. In ogni caso, già essere qui al Lido di Venezia, nella festa più bella della stagione, illumina gli occhi: la sala stampa affacciata sul mare, il rosso che spicca sul bianco, il tappeto calpestato dalle star e l’allegra energia del popolo degli studenti. Aveva ragione la chiromante: anche per quest’anno la senilità non avrà la meglio. Salute, lavoro e amore rimangono sotto un chakra ascendente.
Le luci si spengono e lo schermo si accende con l’atteso documentario su John Lennon e la moglie Yoko Ono . E’ un film che mi ha insegnato tantissime cose:
- John Lennon al di fuori dei Beatles ha tenuto per intero solamente un singolo concerto
- John Lennon teneva accesa la TV 24 ore al giorno
- John Lennon credeva che la TV fosse uno specchio sul mondo
- John Lennon voleva che la forza dirompente della musica contribuisse a risolvere i problemi della società
- John Lennon scherzava al telefono sul fatto che potesse prima o poi essere vittima di un attentato per il suo impegno politico e sociale
- Su Yoko Ono invece ho imparato poco
La pellicola mescola a gran velocità spot pubblicitari dell’epoca, il famoso concerto, telefonate private e interviste radio-televisive. Segue la vita della coppia nella parentesi di New York, documentando i loro problemi legali, le loro iniziative, a volte ingenue e altre legalmente perseguibili. Sempre di successo. Indimenticabile il tormentone sulla difficile reperibilità di diecimila mosche per una performance artistica di Yoko Ono. Durante le due ore il timbro è allegro e graffiante. Di grande impatto.
La domanda di fondo che si pone il regista è cruciale per la figura dell’artista: si può intrattenere e al tempo stesso far riflettere, far prendere coscienza e cambiare la società senza diventare per forza un bersaglio?
Intanto il documentario accelera con le urla ruvide del cantante sulle immagini delle esplosioni al Napalm, le case di contenimento per i ritardati mentali, l’attivismo per la liberazione dei prigionieri politici negli Stati Uniti, Nixon che si sparge i residui di feci con la carta igienica, lasciando la pelle appiccicosa e puzzolente, al posto di usare l’acqua (cit.), la lotta alla discriminazione verso gli omosessuali, i capelloni a petto nudo contro la polizia in tenuta da battaglia, il fallimento dei figli dei fiori e poi… il dramma!
Suona l’allarme antincendio in Sala Perla.
Ci guardiamo un po’ confusi, nessuno dice niente, qualcuno si alza avviandosi autonomamente verso l’ingresso, con flemma e compostezza. Le uscite di sicurezza rimangono chiuse, c’è buio in sala e la pellicola continua a scorrere: le fiamme della guerra del Vietnam sullo schermo e l’allarme incessante nelle orecchie: un momento epico che il regista avrebbe pagato pur di programmare in anticipo.
Il ragazzo sovrappeso al mio fianco non si muove di una virgola, è uno di quelli che, prima di alzare un dito, come minimo deve veder schizzare pezzi di cervello sui muri. Guarda lo schermo con occhio assente. Nascosto dalla barba incolta non capisco se sia nel panico o aggrappato alla poltrona così difficilmente accaparrata durante uno degli agguerritissimi click-day. Mi pento di non essermi almeno presentato dopo averlo ammirato tanto, ma esco anch’io.
Arrivano i Vigli del Fuoco, non c’è nessun incendio, non si capisce perché sia scattata la sirena. Sento da lontano la sentenza, con cadenza sicula: “Ho fatto il giro“, mi rassicura. Nel frattempo le luci si sono accese e mi unisco alla folla che torna in sala alla chetichella, con un enorme punto di domanda sopra la testa. Il panciuto è ancora li, solo in sala, a schermo spento, non ha contratto un muscolo. E’ il capitano Schettino che tutti avremmo voluto vedere nel disastro della Concordia. Invece, il giovane affetto da acne che durante la proiezione rideva a bocca spalancata, con un alito discutibile, nella fila di poltrone subito dietro la mia non è tornato, si vede che anche l’entusiasmo si smorza con la strizza. Eppure sembrava divertirsi tanto, diffiderò degli sguaiati d’ora in poi.
Vivere quel trambusto è stato come entrare fisicamente all’interno delle rivoluzioni proiettate sul telo. E’ il sogno di ogni appassionato: F@cking Back To The ’70s! Quella decade è stata un momento davvero esplosivo in cui vivere. Oggi, addomesticati dal welfare occidentale, l’unico impegno sociale che noto è la ricerca del legno migliore per il parquet o la cucina nuova, per far invidia ai parenti.
One to One: John & Yoko (2024) | |
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Rating: N/A/10 (N/A votes) Director: Kevin Macdonald, Sam Rice-Edwards Writer: N/A Stars: N/A Runtime: 100 min Rated: N/A Genre: Documentary Released: N/A |
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Plot: This documentary film, set in New York in 1972, explores John and Yoko's musical, personal, artistic, social and political world set against the backdrop of a turbulent era in American history. At the core of the film is the One t... |
Ma perché non ci siamo incontrati? Santi Numi! Non ero né il ciccione che non ha mosso un muscolo (in quanto, a mio modesto parere, intanto ne aveva e molto probabilmente era rimasto incastrato), tanto meno il brufoloso che si spanciava dalle risate. Ma era un docu-comic-film? O come si dice … Io del click day mi sono stufata già da mò. Coloro con i quali ho dovuto condividere il bagno dal 26.08 al 07.09, si mettevano la sveglia un quarto d’ora prima delle 7.00 a.m.! Dovevano fare la coda appunto per accedere alla toilette con un occhio alla porta e due allo smart/I/phone. Nel sonno mattutino ridevo a crepapelle. Son pazzi davvero questi romani.
E comunque se si deve traghettare verso la felicità del Lido (ma dove sono le emoticon?Non le fornite?) giusto per andare a vedere John e Yoko, parliamone.
Ciao, la prossima volta terrò una rosa tra i denti, a mò di Kitano (altro bel sacrifizio Mon Dieu …).
Se rosa dev’essere, allora rosa rossa sia. In cambio prometto dovizia di particolari nel descrivere il gocciolamento dalle gengive nella recensione del sequel
Muscoli: non “ne” aveva. Refuso. Pardonnez moi.
Ciao.
B