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#milanofilmfest25 – Pronti ad uccidere per un pezzo di terra, 40 acres di R. T. Thorne

di il 09/06/2025
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Un thriller ambientato in un futuro post apocalittico. E già qua, che palle. Diciamo che le premesse non erano le migliori: oltre al fatto che questo non è esattamente il mio genere, la pellicola viene proiettata al posto del film di chiusura che purtroppo non è stato possibile vedere per problemi tecnici di proiezione (il server non funziona, dicevano). Molto delusi per non essere riusciti a vedere The Ugly Stepsister e indecisi fino all’ultimo sul fermarci o meno, alla fine vogliamo dargli una possibilità, anche per risparmiarci l’alzataccia la domenica mattina, orario pianificato originariamente per la proiezione. Ma veniamo al film, piuttosto crudo nelle scene di lotta e sopravvivenza, tra gruppi di reduci in un mondo in cui non ci sono più animali, le coltivazioni valgono a peso d’oro e la terra diventa il bene primario. Proteggere quei 40 acri dalle invasioni degli umani cattivi diventa una priorità per una famiglia resistente. Mamma, papà e i 5 figli, addestrati militarmente a difendersi dagli attacchi dei cannibali. Tutti fanno i turni per presidiare la recinzione dotata di filo spinato elettrico e girano sempre con fucili carichi. La mamma è la più tosta di tutti, una ex soldatessa nera, tutta nervi, che non si fida di nessuno. Il militarizzato equilibrio crolla quando il figlio, innamorato di una estranea, la fa entrare nella terra protetta e la nasconde nel granaio per paura che i genitori la possano trovare ed uccidere. Poetica è la scena in cui lei indossa un walkman e balla sensuale sulle note di Calm Down davanti a lui, completamente inebetito per vedere la prima umana non familiare, molto bella e disponibile in carne ossa davanti a lui.

La canzone che sto continuando ad ascoltare in loop pur odiando il reggaeton

Spari, squartamenti (perché è sempre preferibile usare il coltello piuttosto che le preziosissime munizioni) culminano in una scena piuttosto cruenta nel bunker interrato, dove la vera ricchezza, oltre alle armi per un reggimento, sono le spezie, minuziosamente conservate sotto chiave. Qualcuno muore ma finisce bene.

E’ apprezzabile la colonna sonora, specie la canzone finale (Slow up di Jacob Banks), in sottofondo ad una scena familiare di ordinaria serenità, dove tutti seduti attorno ad un tavolo mangiano, dimenticandosi che in quella stessa cucina qualche tempo fa si è consumata una carneficina. Il film nel complesso lascia poco. Non riesco a spiegarmi l’assegnazione del premio Altre Prospettive che vuole valorizzare l’opera dotata di maggiore sensibilità, forza espressiva che racconta storie marginalizzate, identità fluide, nuove geografie culturali o sociali.

 

 

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