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#milanofilmfest25, la review del miglior film in concorso: Aimer perdre di Harpo Guit, Lenny Guit

di il 08/06/2025
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È un po’ complicato iniziare a scrivere di un film nel momento esatto in cui si è scoperto che è il vincitore del festival. Arriva quella sorta di timore reverenziale, misto all’ansia di saperlo raccontare alla perfezione, esattamente come ti è arrivato. Non credo che queste sarebbero il genere di paranoie che Armande Pigeon si sarebbe fatta, nella sua purezza di piccola furfante, ogni giorno impegnata ad inventare una strategia per sopravvivere alla giornata, vivendo di espedienti e furti, più o meno piccoli, nella periferie di Bruxelles.

Il punto è che tutti la amano, quel fascino magnetico derivante dall’essere come è, senza costrutti e vincoli sociali. Non sempre aderente al vero, certo, alla sua verità, sempre. Al suo sistema di valori, Armande non rinuncerebbe mai, come curare un piccione ferito con la dolcezza di una madre. Armande non è la bellezza che ti aspetti e fa di tutto per non piacere e invece spezza cuori a destra e manca.

Al Festival ho avuto il piacere di incrociarla tra i corridoi dell’Anteo e, per un certo verso, è esattamente come nel film, esuberante, fa ridere le persone, magnetica. Nel film indossa sempre gli stessi vestiti, logori e si scaccola in pubblico senza troppi problemi. Le fanno notare che è ossessionata dai soldi. Probabilmente perchè lei di soldi non è ha. Quindi le sue precarie giornate ruotano attorno a questo naturale (quasi bestiale) istinto di sopravvivenza, sfidando in ogni modo la sorte, che in fondo è per lei l’unico via per fronteggiare il destino avverso. Forse Armande si sente più vicina alle bestie, come il suo piccione Mignot, che alle persone.

Di certo meglio gli animali che gli uomini che la circondano: il suo ex che la confida di essere ancora perso per lei, lo stravagante appassionato di aerei Ronnie, il nipote della sua padrona di casa (a cui lei non paga l’affitto) che le organizza una cerimonia di fidanzamento con i fiocchi in una sudicia casa di Bruxelles stipata di persone, e perfino il suo miglior amico, che ingelosito dai corteggiamenti di Ronnie le confida il suo amore. Ogni volta lei resta sorpresa e crede di trovarli fuori posto. Declina con naturalezza banale i sogni di pretendenti, perchè per lei è chiaro che non si sarebbero
mai dovuti mettere in quella situazione di corteggiamento, semplicemente non s’ha da fare.

Nella sua estrema povertà e solitudine (pure la sua migliore amica le nega un letto dove dormire, lasciandola vagare per le strade della città), rimane integra a se stessa e alla sua idea di libertà. Che poi è davvero libertà doversi mettere a nudo come modella per un corso di scultura affinchè raffinati borghesi possano scolpire le sue forme sull’argilla per puro
vezzo egoistico. Ci chiediamo mai in quale condizione una persona presti il proprio corpo? È una scelta libera e voluta oppure costretta? Forse per Armande non cambia più di tanto, è un modo come un altro per arrivare a fine giornata. Rubare un kit da cocktail al suo amico oppure una coppetta mestruale usata oppure un piatto di pasta al ragù molto piccante, ingannare uno dei pretendenti sottraendogli un cospicuo bottino, intrufolarsi in bische clandestine giocando a dadi, fino a decidere di proseguire la serata al casinò rischiando tutto e vincendo molto. Impulsiva e ribelle, appena cacciata dal casinò per aver fatto una foto sfidando i croupier che la avevano già avvertita del divieto, decide di concludere la giocata a a casa di un ludopatico conosciuto quella notte, che ha visto nei suoi occhi l’audacia della
giocatrice. Nel terrazzo ventoso dello sconosciuto, Armande è audace fino a rischiare di perdere tutta la vincita di quella sera con il lancio di una monetina da parte del figlio dell’uomo dall’occhio di vetro. E anche quando perde tutto, è pronta a ricominciare un’altra giornata, risvegliandosi in uno scivolo per bambini dopo aver passato la notte in strada.

Quando incontro Maria Cavalier-Bazan (Amande) sul red carpet, nel suo bellissimo ed eccentrico vestito verde (come una pianta di basilico, a suo dire), le chiedo cosa ha significato per lei questo film e mi risponde “ribellione, libertà, vivere a modo mio”. In quel momento mi invita ad oltrepassare il nastro del red carpet per fare una fotografia con lei, al
di là di ogni regola, è proprio questo Amande. E quando le chiedo “il film significa anche girl power?”, fa spallucce e mi dice “si anche quello”. Forse è proprio quello il punto, esigenza di riscatto e libertà a tutti i costi, che tu sia maschio, femmina o piccione.

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