Lo stile cazzuto del regista.
Una bella figliuola come Franziska Weisz trasformata in una grigia bigotta.
L'inizio lento e logorroico che quasi scoraggia la visione
Nella cattolicissima provincia tedesca, dove però convive lo spirito luterano, si consuma la Via Crucis laica e angosciante della adolescente Maria.
Quattordici quadri dominati dalla staticità o al massimo da qualche falso movimento , tanti quante sono le stazioni della Via Crucis, citate come titolo proprio per gli episodi raccontati: Maria ha 14 anni, vive in una famiglia affiliata ad una comunità cattolica tradizionalista che rifiuta e combatte il Concilio Vaticano II e la secolarizzazione della fede; le lezioni di catechesi impartite dal grigio burocrate ecclesiastico alla vigilia della cerimonia della Cresima consolidano nella ragazza la sua personale convinzione sul suo ruolo di agnello sacrificale nel nome della purezza della dottrina ortodossa.
Schiacciata tra l’indottrinamento clericale e la durezza imposta da una madre spigolosa e intransigente, ignorata da un padre debole e grigio, solo a tratti consolata dalla ragazza francese Bernadette che vive alla pari con la famiglia e che invece vive la sua pur decisa integrità religiosa in maniera più francese e quindi meno rigida, Maria deve sopprimere sul nascere ogni impulso , anche il più banale, che la sua giovane età inevitabilmente porta con sè.
Seguiamo la sua ascesa al Golgota dove si compirà l’estremo sacrificio tra il rifiuto di musiche sataniche ( il soul ed il gospel) e la soppressione di qualsiasi impulso di gioia terrena; Maria , come atto estremo di fanatismo religioso immola se stessa per donare la parola al fratellino, di fatto compie il più grande atto di ribellione che una dottrina ottusamente applicata spaccia per atto di amore e di fede supremi.
E’ una Via Crucis laica quella che racconta Dietrich Bruggemann in Stations Of Cross, un calvario prima di tutto interiore che consuma una ragazzina che non riesce a far fronte al carico di fede e di spiritualità estremistica, in un ambiente dove oltre le Corali del Bach la musica diventa frutto di satana, dove il vestirsi deve essere improntato al rigore per evitare che occhi impuri si posino su giovani e freschi corpi, dove perfino uno sguardo può portare peccato e sporcizia che insozza una anima pura.
Premiato a Berlino nel 2014 con l’Orso d’Argento per la migliore sceneggiatura e con il riconoscimento della Giuria Ecumenica, il film di Bruggemann però, nonostante il tema trattato e la modalità con la quale il regista decide di costruirlo è ben lungi dall’avere una carica anticattolica astiosa, bensì, forte della naturale laicità della ragione, cerca di raccontare come un piccolo ruscello di montagna possa diventare un fiume impetuoso, spinto da forze irrazionali, da impulsi interiori ciechi e distruttivi fino al punto di considerare il sacrificio come l’unica possibilità di salvezza per una vita seppur ancora acerba ma pericolosamente oscillante al di fuori dei dogmi e della disciplina fideista.
Il film del regista tedesco è di quelli taglienti come il diamante, si costruisce nella sua drammaticità proprio come l’ascesa al Golgota di Cristo, fino all’epilogo nel quale si coniugano dramma, grottesco, raccapriccio e una tenue flebilissima fiammella lontana magnificamente dipinta con l’ultimo quadro, non a caso l’unico in cui è presente del vero movimento.
Stations of the Cross (2014) | |
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Rating: 7.4/10 (4,642 votes) Director: Dietrich Brüggemann Writer: Anna Brüggemann, Dietrich Brüggemann Stars: Lea van Acken, Franziska Weisz, Florian Stetter Runtime: 110 min Rated: Unrated Genre: Drama Released: 10 Jul 2015 |
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Plot: Fourteen-year-old Maria is a fundamentalist Catholic, living her life in a modern fashion, yet her heart belongs to Jesus. She wants to be a saint and go to heaven. No one, not even a nice boy she meets, can stop her in this goal. |
Accanto alla tematica indubbiamente carica di interesse e di pathos, Stations of Cross si distingue per la sua costruzione tecnica austera che in brevi passaggi sembra richiamare l’Haneke de Il Nastro Bianco: quadri pittorici fermi , unici piano sequenza in real time, stile rigoroso e apparentemente freddo come nella migliore tradizione teutonica concorrono a creare quell’atmosfera di tangibile disagio e di spiritualità malata, mai messa all’indice però, semmai esplorata nel tentativo di capire.
Stations of Cross è insomma lavoro che può all’inizio risultare ostico, ma che ha il pregio di crescere e di regalare un panorama sempre più ampio, una vista sempre più vasta, proprio come quando si scala un monte; in cima a questo Golgota cinematografico c’è la visione di una umanità irrazionale e votata all’annullamento di se stessa , come avviene quando si inseguono dogmi, tradizioni castranti e integralismi.