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#VENEZIA74 – Suburbicorn di George Clooney

di il 05/09/2017
 

George, perche? Eppure ho fatto comprare la Nespresso a tutta la mia famiglia, ai conoscenti e agli amici solo per l’ammirazione che avevo nei tuoi confronti. Ora mi sento tradita e, peggio, so che non riuscirò più a bere un solo volluto.
Dove sono finiti il tuo savoir faire e la tua affidabilità?
Ahh George, George… avevo messo anche il collirio alla menta asiatico consigliato dalle stars affinché i miei occhi stanchi dalle 10 ore di maxi schermo del giorno prima e dalle 4 ore di sonno fossero lucidi e in perfetta forma per godermi la prima proiezione di Suburbicon.
Entro in sala emozionata con il block notes e la penna in mano, lo sai quanto ti prenda da esempio, e finalmente inizia il film!
Già dalle prime immagini salgono dei dubbi. Ho forse sbagliato sala? Ma da quando mandano pubblicità per casalinghe alla mostra? Sono forse entrata a vedere un restauro di un vecchio nastro anni 60 già visto? Sudo freddo nonostante i tre strati di maglie, la copertina tascabile brevettata per chi come me non riesce a guardare film senza La speranza che sia tutto un enorme scherzo di cattivo gusto mi fa rimanere immobile incollata alla comoda poltrona fino alla fine. Purtroppo per me nessuna burla o, se c’era, non l’ho capita.
Un thriller patinato pieno di colori a pastello e fiocchi da lady. Nessuna suspense, nessuna idea nuova, nessuna tensione. Solamente un giallo per novizi facilmente impressionabili. La ridente cittadina di Suburbicon, progettata per la famiglia perfetta, dove il papà lavora, la mamma cucina e i bambini giocano (pensate un po’) a palla beati e tranquilli, ospita tra le accoglienti mura domestiche della famiglia Gardner il solito omicidio condito da intrighi e avidità. Poi in parallelo c’è quella storiella dell’arrivo dei Myers in questa oasi di pace, una famiglia afroamericana, ai quali stranamente viene inflitta la colpa di ogni male che colpisce il villaggio dalla loro venuta.
Aspetta un momento George, non è che le voci di corridoio del tuo desiderio di prendere il posto di quell’invecchiato Ken col parrucchino siano vere? Non che io ne sarei contraria intendiamoci, ma se così fosse cosa ne sarebbe della casa sul lago di Como? Non pensi a tutte le tue fans italiane che dovrai trascurare per occuparti della nazione?
Che c’entri o meno la politica, rimane il fatto che il film non convince. È come una sedicenne alta magra bionda con gli occhi azzurri, l’abito firmato e il trucco impeccabile, di quelle che in un ipotetico corridoio di scuola ogni maschietto si girerebbe a guardare. Poi però se provi a parlarci il solo argomento di discussione sarebbe quale scarpa indossare per la serata in disco. C’è una bella fotografia, un discreto ritmo, ci sono i diritti civili, la bandiera Americana, qualche scena cult stile Hitchcock (me lo immagino Alfred a rigirarsi nella tomba dopo la scena dello strangolamento), il bambino bianco e il bambino negro (ma nessuno dei due indossa un pigiama a righe) e persino Julianne Moore. Ma il tutto manca di carattere e sostanza, non trasmette nulla proprio come la fichetta che sorride con quell’aria da saputella.
Esco dalla visione frastornata e arrabbiata, incredula del fatto che Matt Damon stia prendendo sempre di più le sembianze di un maiale tirato a lucido. Ho sempre odiato quelle stupide e vuote ragazzine bellissime.

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