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#tff35 – Tokyo Vampire Hotel di Sion Sono

di il 26/11/2017
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La bella Torino, un enorme centro storico in cui ovunque ti giri vedi una città maestosa, imponente e potente: da cartolina, meno famosa e/o battuta di quanto meriterebbe. Antica, certo, ma è quello il bello: di grattacieli a specchio se ne possono costruire ovunque all’infinito, invece la Storia si può solo conservare a fatica e con amore.
Il fascino del passato viene leggermente meno quando però capisci che, oltre al look, le case del centro hanno davvero le finestre cigolanti in legno sbilenco padre di ogni spiffero. Ogni anno le notti del mio weekend torinese diventano un vortice di rumori e contorsionismi sul materasso nell’improbabile ricerca di una posizione che cristallizzi il traffico in un fermo immagine silenzioso. I pavimenti freddi, il montacarichi arrugginito, le corti decadenti, il cuscino nodoso e il pittoresco mobilio da seconda casa in montagna del nonno caratterizzano fortemente tutto ciò che ruota attorno al festival cinemtografico piu gentile d’Italia, il Torino Film Festival.

I film presentati nella prima giornata sono pochi ma, per fortuna, non mancano quelli della mia adorata sezione Afterhours: madre paziente che accoglie al grembo la moltitudine di film horror, thriller, porno, tamarri, action, trash, hipster, fichetti e tutto quel circo di colori, energia e fantasia che su queste nicchie può esplodere liberamente senza essere imbrigliato dalle regole borghesi dei blockbuster o dal dovere di mostrarsi austero e profondo.
La sezione Afterhours distingue questo festival da tutti gli altri (nostrani), mi fa felice e garantisce un caldo rifugio dalla pesantezza che nel luogo comune contraddistingue il cinema “da Festival”. Sapere di avere sempre disponibile questa via di fuga, anche senza doverla per forza sfruttare, rende l’approccio mentale al Torino Film Festival più sereno, invitante e festoso.

È tempo di entrare in sala per Sion Sono!

Il famoso regista giapponese è un feticcio di Torino, non manca mai, e presenta anche quest’anno l’ennesimo clone dell’archetipo estetico del suo stile degli ultimi tempi: due ore in cui tutti si picchiano con tutti riempiendo gli occhi con orge di sangue. Tokyo Vampire Hotel è un pasticcio di troppi ingredienti, tutti versati con lo stesso dosaggio. Il risultato, più che un equilibrio di sapori, è un miscuglio omogeneo in cui non spicca niente e lascia tiepide le papille del cervello. Ormai da lui non ci si può aspettare che questo. Chi si ricorda senza soffrire di Tokyo Tribe, il suo disatroso musical hip hop? O, piu soporifero ancora, Antiporno visto proprio qui a Torino lo scorso anno? Da Cold Fish in poi la magia di Sion Sono è finita, oggi dovrebbe accontentarsi di essere più lineare e meno ambizioso per lasciare al pubblico quello che i suoi affezionatissimi cercano: intrattenimento puro. Dopotutto, non potendo aspirare ad altro, il fan service è notoriamente la scappatoia più remunerativa dopo la fase creativa della carriera. Un po’ come Las Vegas per i cantanti fuori dal giro grosso. Ma lui no! Vuole convincere (o convincersi) di essere ancora il genio della comunicazione artistica capace di toccare i punti più scomodi dell’anima, ma (s)finisce sistematicamente con l’assemblare accozzaglie chiassose e caotiche.
Ti prego, continua a regalare al pubblico la meravigliosa killer timida/spietata e abbandona i sogni, l’introspezione, i cuori spezzati e le anime infrante, lascia quei piatti gourmet a chef più capaci.

La trama, se così si può chiamare, è un classico: due gang rivali (in questo caso famiglie di vampiri) lottano per il potere e alla fine si massacrano. Deve essere un suo tormento, perché l’ha già girata innumerevoli volte in tutte le salse. Difficile restare svegli quando si azzuffano personaggi appena accennati incapaci di creare la minima empatia con lo spettatore. Sembra quasi che il regista scelga masochisticamente una fredda distanza tra i fatti narrati e il pubblico in sala.

Allora perché andare ancora a guardare un suo film? Principalmente perché la sua mano è inconfondibile, è il dio dell’eccesso e l’emissario mondiale del cinema fracassoene provocatorio. Senza contare che, ripetendosi sempre uguale, garantisce una blanda sicurezza in un mondo frentico, tremolante e imprevedibile.

Sai quanto ti ho amato in passato, ti prego, liberati dall’angoscia di dover tener testa agli esordi

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