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#FEFF18 – la tecnologia sperimentale, The Master di XU Haofeng

di il 02/05/2016
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AFORISMA
 

Lo stato dell'arte per ciò che riguarda il rapporto tra intelligenza artificiale, spettatori e cinema

 

Ti siedi comodo davanti a quello schermo nero così affascinate e promettente, le luci si spengono e pensi sempre la stessa cosa, come quando eri bambino: sarà un capolavoro.
Invece poi ti ritrovi a fissare incredulo una lunga sequenza casuale di scene fighe di Kung-Fu senza soluzione di continuità. Collegate tra loro sempre dallo stesso stacchetto musicale fastidioso di 5 secondi. Stridulo, odioso, insistito fino allo sfinimento. Da mal di testa assicurato.

Aggrotti la fronte pensandoti troppo stupido per capire il genio del regista. Poi, invece, la rivelazione! Non può che essere il risultato di un’elaborazione software. E’ una macchina a decidere. E’ ovvio che un essere umano non potrebbe girare un film così scisso, a meno di gravi psicopatie bipolari, malattie sulle quali l’Annunciatrice non avrebbe certo avuto l’indelicatezza di glissare durante la presentazione. E’ chiaramente un esperimento sul rapporto uomo-macchina in cui il pubblico curioso e tenerone del variopinto Teatro Nuovo Giovanni da Udine viene sfruttato come inconsapevole cavia. Perchè non c’ho pensato subito? Siamo di fronte ad una svolta storica, un’intelligenza artificiale sofisticatissima, un rivoluzionario generatore automatico di coreografie acrobatiche. Un po’ come quello fatto per Sorrentino. Solo molto più avanzato e meno divertente.
Man mano che le immagini random si specchiano sulle pupille, hai tutto il tempo per riflettere sul futuro, il progetto finale si fa man mano più chiaro: Terminator aveva ragione, le macchine senzienti stanno per prendere il sopravvento. Ma, niente paura, ogni medaglia ha due facce: il lato positivo di questo ammutinamento cibernetico al silicio è che questo computer, d’ora in avanti, potrà sputar fuori un film così ogni due ore, facendo la gioia degli ortodossi delle arti marziali (che, a questo punto, credo siano gli stessi che, facendo all’amore, fissano insistentemente solo ed esclusivamente i genitali, tralasciando il viso, l’anima, la trama, la coerenza, l’approfondimento, il profumo, le carezze e lo sguardo del partner), il lato negativo è che l’intelligenza artificiale è ancora acerba: lascia frasi a metà, immagini tronche, gravi incongruenze, sguardi persi nel vuoto e un senso generale d’incompiutezza ed eccessiva frammentarietà. Più che lotte tra maestri asiatici baffuti è sembrato un Far West, in tutti i sensi.

Nell’opera artistica il totale delle singole parti dovrebbe avere un valore superiore alla loro semplice somma aritmetica, invece qui il godimento si perde ogni due minuti, dando ai nervi. Si smonta perché, più che i personaggi del film, sono le micro-sequenze a fare a botte tra loro. Forse sarebbe stato più efficace presentarlo come striscia quotidiana di dieci minuti su Italia 1 alle 20.30, prima del film (ne fanno ancora in TV?), per dare ogni tanto il cambio a Benny Hill. Il compianto.

 

scuttle

 

Mi domando, 109 minuti di brevi-intense-stupende scene cool a compartimenti stagni, sono un film? O sono solo l’ennesima dimostrazione che la bellezza non è altro che una delle tante radici dell’inutilità?

commenti
 
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  • tanaka
    02/05/2016 at 22:37

    A me piacebbe fare col partner tutte le belle cose che scrivi ma non riesco a staccare gli occhi dai genitali…

    Rispondi

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