“Larrain è impazzito” sento in penombra, tra il brusio gretto e volgare della bolgia che si dirige verso le uscite dell’enorme sala Darsena.
Se dovessi riassumere frettolosamente il cinema del regista sudamericano direi: “iperrealismo politico con sporadici tocchi di classe, in un contesto pop che tiene ben distante la realtà dalla narrazione della stessa“. Per questo non c’è nulla di cui sorprendersi se viene prodotto da Netflix, se volano ottantenni col mantello in un lirismo fin troppo forzato, se saltano teste mozzate o riemergono dalla tomba megere cotonate. È solo la sottile patina utilizzata per tornare sempre a sé stesso.
I vampiri di Larrain, sanno divertire, strappando dai musi illuminati e inebetiti degli spettatori davanti allo schermo dei sorrisi nasali, simili a sbuffi liberatori e grotteschi. Come a sottolineare una resa atroce davanti ai fatti tanto drammatici quanto ridicolizzati citati dal film. Resta comunque l’impressione che il più divertito di tutti sia il regista stesso che, nel suo racconto politico fin troppo semplice e didascalico, si apre oggi ad una fetta di pubblico fino a ieri insperata.
La frase da ricordare:
“Il diavolo entra nelle persone attraverso le ferite o dall’ano, nell’atto passivo della sodomia”
Il personaggio pubblico che più apprezzerà il geniale colpo di scena finale è lo storico Barbero. Consiglio a tal proposito l’ascolto dal 45mo secondo al 55mo, 10 secondi indimenticabili:
Insomma, iperrealismo irreale: Pablo non è impazzito, EL CONDE è semplicemente il film in cui appare più diretta e semplice da leggere la natura stessa della sua arte. Il più autentico, senza veli. Un Re nudo.
Come a ribadire per l’ennesima volta che a volte, forse, è meglio rimanere nel dubbio.
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