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#TSFF36 – ANGY LOVE TRAFITTO DALLA BORA ovvero 36simo Trieste Film Festival: LA CRICCHETTA VA AD INCONTRI SERI

di il 24/01/2025
 

In piena onestà, il motivo che mi ha spinto ad andare a questa masterclass, cosa che solitamente rifuggo, è che una delle relatrici è Margherita De Michiel, professoressa di russo, traduttrice per La Nave di Teseo, interprete dal russo per Sokurov (si, proprio il regista) e, soprattutto, mia cara amica.

Gli altri due relatori sono Giuseppe Gariazzo, curatore della sezione Queer del Festival e, online da casa, Cathy La Torre, avvocata attivista, opinionista in programmi televisivi e una delle componenti della famiglia queer di Michela Murgia.

Vista l’età, di discorsi sul cinema queer, sull’attivismo e sull’omofobia ne ho sentiti molti, moltissimi. La mia idea è che lasciare una testimonianza sia certamente importante ma, perché si possa considerare anche arte cinematografica serve che la storia diventi interessante: lunga vita ai film queer, a qualsiasi pellicola che tratti e faccia conoscere situazioni di repressione, disagio e violenza, ma il “cinema è cinema”, non dovrebbe avere etichette. Aldo Busi detestava essere chiamato scrittore gay, perché era uno scrittore e basta, il migliore, a suo avviso.

All’incontro mi stavo annoiando (sentendomi vagamente in colpa), poi però è iniziato l’intervento di De Michiel con sul gruppo Tetriss. L’approccio è originale: portano avanti la discussione tramite un mazzo di carte da gioco: sul dorso un simbolo e sulla faccia una citazione o un aneddoto riguardante il mondo queer in Russia e in quella che fu l’Unione Sovietica. Il Quadrato TETRISS (quadrato per opporsi a circoli angusti) è un laboratorio culturale che si avvale della Traduzione per veicolare il sapere.

Tecnicamente quello che hanno fatto è stato leggere su delle carte da gioco Modiano create appunto per l’occasione, singoli eventi con un’interpretazione asettica, quasi marziale, intervallata dal suono di un campanello a scandire l’arrivo di un nuovo evento. L’interpretazione ha dato alla performance reminiscenze surrealiste. Impossibile narrare ora tutte le carte, mi ci vorrebbero dieci pagine ma, almeno una, voglio regalarla a voi appassionatissimi lettori della cricchetta, ultima luce di un mondo in penombra:

Mosca, Tverskoj Bul’var 19. Dal monumento dedicato al poeta Sergej Esenin ha inizio il percorso tra le pleski della capitale. “Pleska” è il termine slang per indicare l’equivalente dei cruising occidentali, luoghi in cui le persone queer si incontravano già nella Russia sovietica. A Mosca erano in pieno centro: la stazione della metro Prospekt Mira, il ristorante Sadko vicino al Teatro dell’Operetta, la piazza Puskin (dove le lesbiche si dissolvevano in una folla di hippy e punl), il cortile sul retro del ristorante Slavjanskij Bazar, il giardino Ermitaz, i bagni pubblici in Piazza Komsomol’skaja e in piazza Nikitiskie Vorota, i bagni pubblici del Muaseo Lenin e della biblioteca di Letteratura Straniera.

Il “Direttore” delle pleski era la statua di Karl Marx. “Ci vediamo da Zia Lena” si davano appuntamento i gay negli anni 70 davanti alla statua di Lenin. Cultura ufficiale e cultura vietata coesistevano, le pleski erano luoghi di assenza e presenza, contemporaneamente, di nascosto e visibile, di possibile e impossibile.

La pleska più famosa era quella danti al teatro Bol’soj, la si vede anche in un’opera di Zvezdocetov, Golubye u Bolsogo (Gay davanti al Bol’soy) del 1982, pastelli a cera su carta di giornale.

Non è facile in questo momento parlare di Russia, lo si sa, però farlo in questo modo, leggendo un’imparziale traduzione di ciò che accade(va) credo faccia un servizio a tutti, soprattutto a chi non si è mai schierato per l’impossibilità di dare una personale opinione a qualcosa di così complicato e annoso.

Sul finale, De Michiel, spiegando il progetto che cerca di sviluppare con Quadrato Tetriss e dando informazioni che vengono dalla traduzione e non dal sentito dire, lancia una frase che ha tutte le carte in regola per diventare un motto, un istant classic:

Salvare una cultura significa salvare LA cultura.

Pubblico ammutolito e in rispettoso silenzio per cotanta citazione.

Alla fine ho saltato, senza alcun senso di colpa, l’ultima proiezione che avevo in programma per andare a bere birra con tutto il Quadrato, ricevendo in dono il prezioso mazzo di carte blu con tutti gli accadimenti Lgbtq+ enunciati durante l’incontro.

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