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Sausage Party – Vita segreta di una salsiccia di Greg Tiernan e Conrad Vernon

di il 19/01/2017
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A Stefania

 

I miei vecchi amici, anche quelli a cui voglio ancora bene, con l’età, la panza, le tette flosce, il matrimonio, i figli, il villaggio turistico, le scopatine col capoufficio, la birra dopo il calcetto, la paura, la particola in chiesa, i piccoli mortificanti riti quotidiani, la pizza triste il sabato sera, il pranzo dai parenti e tutte le altre puttanate del genere, si sono arresi: non tentano nemmeno più di scalare l’incubo in cui sono caduti. john-cena-showing-his-belt-in-ring-picturesCosta tutto troppa fatica quando si è impegnati (volenti o nolenti) a dimenticare gli anni della passione.
Ho realizzato di soprabbalzo che gli amici d’infanzia si sono anestetizzati nel momento in cui per il compleanno mi hanno regalato un frullatore. E mica uno di quelli a forma di John Cena, che prendesse adorabilmente in giro la media borghesia schiacciata sul consumismo estetico, no, proprio un cazzo di frullatore Moulinex bianco, di quelli che riempi di verdure.
Cosa si può dedurre dal cervello di uno che ti regala un frullatore? I casi sono due:

  1. o di te non gliene frega niente, non ti conosce e quindi non sa cosa desideri nè cosa ti farebbe felice;
  2. o ti vuole bene ma si è completamente rincoglionito ed ora immagina che tutti siano come lui, morti sul divano, a guardare serie TV: ottant’anni dentro, a qualsiasi età. Li si riconosce subito, sono tutti sposati, assunti, sistemati, addomesticati e quando vai a trovarli senti con inquietante certezza di stare involontariamente portando gioia in quelle quattro mura in debito di felicità da troppo tempo.

E’ per colpa di questi ultimi che la sala oggi era vuota, non perché il film sia brutto, magari, perchè lo è, brutto, eccome, era vuota per il motivo sbagliato, era vuota perché i frullatori sono il regalo-sogno di ogni mamma ultra-quarantenne (cit.). Se ad uno viene in mente di regalare un frullatore, qualche domanda dovrebbe farsela. Anche se probabilmente sarebbero tutte sbagliate.

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Un cieco ed un erotomane si gongolano nel vuoto

Era da molto che aspettavo l’uscita in sala di questo film d’animazione vietato ai minori: da quando vidi il primo entusiasmante trailer. Peccato che quest’ultimo – ora lo so – svela sia l’unica idea che ne sta alla base sia la migliore scena in assoluto. Sinteticamente, il trailer va visto! L’idea è semplice, come tutti i colpi di genio: il regista immagina che il cibo del supermercato sia un’entità pensante che scambia i clienti per delle divinità che hanno il potere di liberarlo dallo stato costrittivo in cui si trova (la confezione). Vivono per quel momento, lo sognano, fanno tutto in funzione del passaggio tra lo scaffale del negozio e la cucina di casa, credono sia il giro di boa oltre il quale tutte le sofferenze patite in vita verranno finalmente premiate. Questa loro cieca bramosia viene alimentata ed inoculata giorno dopo giorno da un inno ipnotico che ripetono a squarciagola ogni mattina, un canto che altro non rappresenta che il maledetto frullatore di cui sopra, ovvero tutto quello che viene inculcato a forza da fuori verso dentro dal Grande Mondo dei Potenti (G.M.P.) alla massa di mucche nel recinto. Il loro Grande Sogno Fittizio (G.S.F.) si infrange quando scoprono la verità, ovvero che una volta acquistati vengono accoltellati, scuoiati, mutilati bruciati e sbranati: quelli che prima erano gli dei della liberazione poi si trasformano in demoni sadici.

La chiara metafora religiosa sarà anche ritrita ma la bellezza della presentazione è encomiabile: le confezioni dei prodotti viste come la vita terrena, l’acquisto come il passaggio dalla vita alla morte e la cucina come la vita ultraterrena per la quale ogni religione chiede di sacrificarsi in silenzio. Tanto nessuno torna a raccontare cosa c’è dopo. O meglio, quasi nessuno: dio questa volta non ha fatto i conti con la salsiccia handicappata!
Come si può non volere bene a uno che si sveglia con la voglia di fare un film con questa trama, sicuramente perdente, mostrando il terrore, il sangue e la voglia di vendetta della merce del supermercato?

Peccato che, escluse due scene maestre attorno alle quali gira la popolarità del film, ci sia troppa fuffa. La drammatica mattanza in cucina e l’incredibile orgia estatica del finale sono due piccoli capolavori, questo è indubbio, ma il resto è un blando riempitivo che non offre nulla d’intelligente o interessante. La pellicola prova sempre a mostrare i pugni e ad essere punk come piace a me, ma lo fa con strumenti banali, come gli insulti gratuiti e la volgarità fine a sè stessa, quando da un progetto del genere ci si sarebbe aspettata più arguzia ed un sotto-testo culturale nascosto a fatica. Un po’ di scuola dai Griffin – in cui l’idea che si vuol veicolare e la brillantezza del dialogo sovrastano sia la trama che la resa grafica – gli avrebbe giovato. Mancanza di talento, certo, ma il problema principale non è questo, è squisitamente razionale e per questo la colpa è ancora più grave: se ci si pensa un attimo, il film non ha nessun target. Tolti i morti viventi che regalano frullatori, la cui assenza in sala è un ovvio corollario dell’incipit (si auto escludono a priori da ogni forma di originalità che si discosti dal tran tran a cui sono abituati e di cui si nutrono), rimane ben poco a cui vendere i biglietti:

  • non ai bambini per via del linguaggio scurrile ed i riferimenti sessuali a volte allusivi altre espliciti e disturbanti,
  • non agli adulti smaliziati che vedono la solita stupida trama dei cartoni animati per bambini (come Galline alla riscossa, Trolls alla riscossa, Puffi alla riscossa, Bionde alla riscossa o Salsicce alla riscossa…) con appiccicata sopra alla bene meglio una patina di trasgressività, eccesso e citazionismo banale.

I dialoghi annoiano, si ripetono e le scene sono palesemente annacquate per tirare avanti quei lunghissimi 80 minuti. Poche idee e sempre/solo mirate a far scandalo con mezzi che potrebbero scuotere SOLO il pubblico che NON andrà MAI a vedere un film del genere. Per questo la mente che gli sta alle spalle non è intelligente. C’è mancanza di lucidità in questo progetto. Le parolacce e la vagina pulsante di un panino col rossetto possono divertire per cinque minuti ma poi annoiano. Durante la visione ogni tanto verrebbe voglia di andare avanti veloce per arrivare alla scena successiva. In un film del genere il non saper far sorridere un pubblico esperto con un lessico intelligente o con astuzia è il peggior passo falso che si possa commettere. Specie se la storia è simil-disneyana e riassumibile in 5 minuti. Per una volta i pessimi traduttori italiani hanno azzeccato il sottotitolo che lo accosta a The Secret Life of Pets.

E’ un film che sconsiglio e ritengo ottusa la mente che l’ha realizzato, ma sono contento di aver pagato il biglietto, perché voglio incentivare questo desiderio di osare, di provare a fare qualcosa di diverso, di non omologarsi, di rischiare, di non intimidirsi, di non agire solo con la previsione del profitto. Di non dire “ti amo” solo per assicurarsi un compagno “vista l’età” per poi regalargli il frullatore al compleanno o ritrovarsi sul divano a vedere la partita di pallone che a lui piace tanto e di cui non ti frega niente. La strada che ha preso Sausage Party, insomma, è quella giusta anche se il risultato è scadente. Nel meraviglioso mondo della passione, dell’impeto e dell’onestà non possono che esistere anche i buchi nell’acqua.

Voglio bene a questo matto ma chi ama il cinema non può apprezzare un risultato così modesto.

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