Recensioni
1000 letture 1 commento

Addio mia bella addio, Wonder Woman di Patty Jenkins

di il 11/06/2017
Editor Rating
IL MIO VOTO


AFORISMA
 

Vietato ai maggiori di 15 anni o a quelli sposati da meno di 2

 

Ah! La cricchetta del cinemino®, the little gang of the tiny movie theatre®: parlar di cinema per non parlar d’amore. Ma alla fine d’amore non si può che parlare. Mi sa quindi che sarò lungo.

Di solito il sabato resto a casa, odio vedere il popolo bue uscire a testa bassa dai recinti del quotidiano sotto le spinte appuntite del forcone del commercio. Per questo visitando l’Islanda il momento peggiore è stato quello alle terme Laguna Blu: ho le natiche sensibili.
Il problema è che, quando resto a casa, rimbalzano in testa gli argomenti più disparati. Ad esempio, è più giusto affermare che i testicoli abbiano le dimensioni di olive siciliane o di prugne secche? E se producono ogni giorno milioni di spermatozoi, ognuno dei quali lungo due millesimi di millimetro, allora dopo una settimana, se li si mettesse in fila, supererebbero la lunghezza di una barretta di Galak? Oppure, quale parola suona peggio tra scroto, mestruo e smegma?
A domande così complicate c’è solo una risposta: chiamare il mio amico e andare a vedere un bel film ignorante al cinema. Anche perché se uno si guarda a casa, da solo, un’opera che vive di effetti speciali e audio 3D, allora deve iniziare a riflettere su quanta fortuna abbia avuto a non essere ancora diventato un serial killer grasso sudato e pelato che mangia formiche e vive in un sotterraneo coi muri tappezzati da foto di Hello Kitty.
Purtroppo, devo ammettere, questa volta m’è andata male, ma dovevo capirlo già dal poster: nel 2017 Wonder Woman ha la zeppa, non i tacchi. Mea culpa.

Andiamo con ordine. Parto da un principio indispensabile per avere coscienza del vissuto che regala questo film. La regola di una relazione amorosa stabile, sincera e piena di gioia è semplice: una volta superato il meschino entusiasmo chimico dei primi mesi, il sesso va consumato solo fuori dal “matrimonio”.
Se i produttori avessero saputo questo piccolo grande segreto della felicità non avrebbero sbagliato tutto in un film così costoso. Continuando con la metafora, una donna che non mi fa ridere non è una donna con cui passerò più di qualche notte, ma se mi fa ridere allora devo avere vicino anche un’amante. Questo in sintesi il film.
Wonder Woman ruba quasi due ore e mezza in cambio di un solletichìo casto e allegrotto, chiede tanto tempo ma fa godere solo in due brevi scene d’azione. Intense, certo, in quei venti minuti ho avuto ben tre erezioni contemporaneamente, una per ognuno dei miei organi sessuali, ma in un film ad altissimo budget come questo, scegliere dialoghi così superficiali e argomenti così morigerati, marchia come Tristi® tutti quei soldi spesi. Volutamente Tristi®, perché quando ci si può permettere la crema degli artisti mondiali il risultato non è mai casuale. Tristi®, come gli occhi delle coppie che fanno sesso solo tra di loro dopo anni di convivenza.
In verità non lo fanno proprio, giusto? Infatti, è questa l’unica consapevolezza su cui si sono fatti forti i manager della DC Comics quando hanno scelto di indirizzare il film verso un tipo di commedia che al massimo può dare del filo da torcere alla candida comicità per tutta la famiglia di Mrs. Doubtfire.

Conosco i segreti della felicità, anche se fatico a seguirli: a me Mrs. Doubtfire non fa ridere, i cuccioli su YouTube non mi fanno tenerezza e le frasi scritte sulle Gif animate di Facebook non mi fanno riflettere. Capisco però gli investitori che, visto il successo di tutti questi contenuti, hanno pensato di accodarsi, preoccupandosi più del rischio che della qualità.
A fronte di un Pussy Movie così timido e introverso, non garantire allo spettatore, almeno sporadicamente nel lungo arco della proiezione, un’amante coi tacchi rossi di celluloide è classificabile come violenza psicologica.

Via con la trama. Un coatto che si autodefinisce macho-alpha in un’imbarazzante scena soft-core, una gnocca letteralmente divina ed un paio di macchiette comiche vincono la prima guerra mondiale grazie al vecchio trucco delle immagini avanti veloci, portato in auge decadi addietro dal mai troppo compianto Bruce Lee. Quella narrata è una storia semplice per un film superficiale che a tratti sfiora il ridicolo. Ma che altro risultato si poteva ottenere quando si costruiscono i personaggi basandosi unicamente su luoghi comuni? Oggi come oggi non puoi presentarti col pellirossa che fa segnali di fumo, lo scozzese ubriacone e il turco col fez… la vedo dura agli oscar per lo sceneggiatore.
Il finale dà il peggio di sé quando arriva il mega colpo di scena plagio copia-carbone di Star Wars:
1) Diana, io sono tuo… fratello;
2) Fulmini dalle mani;
3) Diana tentata dal lato oscuro della Forza® facendo perno sul suo represso desiderio di vendetta, ira e odio.

Quando pensavo che il film non potesse scendere più in basso, arriva in extremis anche la Forza dell’Amore® che distrugge il male e scioglie l’algido animo dei tedeschi che si lasciano così andare a sorrisi, baci e abbracci in una scena che più tragicomica era difficile.

Che dire su di una brodaglia così pavida? Non so che pensare, forse è sbagliata l’idea stessa di sperare che possa funzionare un eroe-donna, o forse è stata perdente l’idea di far girare la pellicola a una regista-donna perché 1) suona come un contentino, un cliché da oratorio 2) alla fine non riesce a tirar fuori altro se non ciò che sogna il target testosteronico a cui il film è destinato: una coppia di tette a punta e sposarsi come scusa per farsi crescere la pancia sul divano abbracciato alla prima che lo ha fatto sentire importante. Il marito-Triste® che è nella regista si evidenzia palesemente quando nel gran finale, mentre la protagonista lotta contro un dio tra salti acrobatici, raggi fotonici e fruste fosforescenti, il coprotagonista tira spintoni e pizzicotti a un signor nessuno dentro un aereo-bomba, ponendolo a poco più che un femminiello, e facendogli assumere di fatto il ruolo che i registi-maschi, nei film action, assegnano alle femmine scollate. Il genio femminile replica quindi esattamente i medesimi meccanismi offensivi, semplicemente ribaltandoli. Non serviva una donna per confermare lo strapotere maschile nei ruoli di potere. Superficialmente sembra lottare contro il solito machismo e invece fa come quelle anoressiche invasate che da vecchie, sui trenta, diventano ossessionate dal CrossFit: credono di aver superato il problema quando invece lo hanno solo spostato. Non so perché abbiano voluto girare un film così lungo e fondamentalmente idiota, ma credo confusamente che c’entri col sesso e di sicuro fra 5 anni lo troveremo nel cassone dei DVD a 1,99 euro del Lidl, a competere con le pile di domande di divorzio che si accumulano negli scaffali dei peggiori avvocati.

…eh no caro amico, non sono d’accordo!

Hai ragione Marco! Tu mi leggi dentro, a te non riesco a mentire, tutto quello che ho scritto fin’ora è un cumulo di sciocchezze dietro cui cerco di ripararmi: parlo da uomo ferito, senza l’amore un uomo che cos’è? (cit.) Io amavo la donna che correva in stivali rosso-acceso col tacco, per questo ora sono così arrabbiato. Ma non è solo questione di tacco, anche se importante, da quando mondo è mondo esiste un’equazione: Wonder Woman = tracagnotta cotonata seduta sul divano trasparente di un cazzo di Jet trasparente. Con ovvio corollario di grande gioia per me come per tutti.

Si badi bene: trasparente, non invisibile, è solo una scelta cromatica, tipicamente femminile, che nulla ha a che vedere con una forse più utile, e quindi maschile, tecnologia stealth. Insomma, si poteva non amare a dismisura Wonder Woman?

E invece ora che fanno? Ci danno un film in cui tolgono sia i tacchi che il divano trasparente sospeso per aria. Ci lasciano in compagnia di tette, amazzoni ribelli ed esplosioni ma Wonder Woman senza jet trasparente è come una meringa senza zucchero (cit.). E io come dovrei reagire? Cara DC Comics, basta con queste fregature, che ho le natiche sensibili.

 

PS: Dimenticavo, attendo con ansia il Lucca Comics per vedere quante giovinette introverse dalla pelle morbida sfoggeranno il loro costume da Wonder Woman dopo quello di Harley Quinn dello scorso anno. Dovrebbero creare un concorso speciale per loro, per lo stesso motivo per cui hanno inventato le para-olimpiadi

commenti
 
Rispondi »

 

Commenta e vota