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#FEFF20 – ONE CUT OF THE DEAD di Shuichiro Ueda: Ovvero l’interazione tra sterro agnosia e intossicazione alimentare

di il 05/07/2018
 
  1. C’è questo film che parla di zombie più di quanto faccia di Paganini. Non parla di opere che hanno gli stessi BPM dell’Hardcore, ma di sensazioni attenuate, di botte da mazza da baseball sulla testa. E..?
    Una storia cioè, di una storia antica come il mondo, di sogni infranti e rinchiusi in una vecchia fabbrica dismessa, persa nella campagna giapponese.
    Io in Giappone non ci sono mai stata ma quel paesaggio mi ricorda la Bassa tra Bagnacavallo e Lugo, popolato non solo da rustici romagnoli come Tony e cuntadè . Ma dove, solo per citare un esempio, anche quel titano di potenza e audacia, il Napoleon-PippoBaudo dell’opera, alimentava il suo stile di quel crescendo orchestrale su frasi ripetute, che ci rendono immortale il melodramma e che rimandano allo schema su cui ruota One cut of the dead, e quindi:
    Giacchino Rossini è il regista di questo film.

    Killing me gently

    Killing me gently

  2. Come un rapporto si sgretola quando i membri rinunciano ai loro sogni per paura.
    Lui le si avvicina con fare minaccioso, trasuda sangue misto cipria bianco-verde. Per un attimo si arresta davanti alle suppliche della sua ragazza. Poi all’improvviso cambia volto, lei si scioglie in lacrime e urli perché sa che sta per essere condannata alla non vita eterna.
    Questa eccellente pellicola Sci-Fi girata in piano sequenza consente la coesistenza di più punti di vista differenti e complementari. Sulla base di livelli crescenti di comprensione sui quali soffermarci di volta in volta, questo film ci porta oltre i fraseggi tipici del genere, verso emozioni più autentiche di vita familiare.
    La vera rappresentazione qui coincide con la visione della realtà della figlia adolescente del regista che con la sua maglietta di SHINING conclude la visione metaforica di questo film, in cima ad una piramide di corpi.
    Prima che quella parte di te che manca all’appello ricominci ad esistere, bisogna andare ancora più lontano, oltre la paura della filosofia del taglio. Senza più scappatoie da morti viventi, confortati dall’idea di aver barattato il fallimento con una sospensione della corsa verso la realizzazione di noi stessi. Dovrà rigenerarsi prima attraverso lo stupore, nella misura in cui sottoscrive la tua autodistruzione.
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