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#Cannes2018 – 8 giorni per diventare amico di Stampella®, parte 3

di il 16/05/2018
 

Ad ogni ora, dal mattino a sera, fuori dal Palais de Festival c’è un numero cospicuo di persone che cercano qualche invito per le proiezioni alla Sala Lumiere e io le amo tanto. Hanno sempre dei cartelli originali in cui chiedono un biglietto omaggio e sfoggiano dei look favolosi, sempre impeccabilmente eleganti: non sia mai che ricevano l’ingresso da qualche giornalista annoiato per una proiezione incravattata. Ne avevo letto prima di venire, ma non pensavo fosse così diffuso: li trovi ad ogni angolo.

Mentre di Cate Blanchett neppure l’ombra.

DIE STROPERS di Etienne Kallos parla di una redenzione che pare non arrivare mai. E’ ambientato in Sudafrica, in una comunità religiosa cristiana al limite del fanatismo. Un teppistello scavezzacollo viene adottato da una di queste famiglie ma l’inserimento non è ovviamente dei più facili.

Regista ed attori di Die Stropers

La dicotomia “chiesa intollerante/città piena di vizi” è storia vecchia (per non dire abusata) e questo film non aggiunge davvero nulla. Belli i paesaggi di campagna ma praticamente solo quelli, anche la trama secondaria della ribellione dell’altro figlio della famiglia non è originale e il film annoia parecchio.

Ho notato che il mio francese è peggiorato decisamente e ciò che me lo fa sospettare maggiormente è che ad ogni mia domanda mi viene risposto in inglese. Mestizia.

Passo in sala Bazin per accorgermi di aver sbagliato film e mi tocca vedere MANTO di Nandita Das, riguardante i problemi della divisione tra India e Pakistan nel dopoguerra. Resisto un quarto d’ora poi mi addormento miseramente. Non saprei dire come finisce.

Verso il pomeriggio un’altra pioggia, e il tempo pare non riuscire a sistemarsi.

Non riesco ad entrare alla prima proiezione di Black Klansman di Spike Lee, ma riesco alla seconda. Non ho una idea precisa sul film: mi piace il suo essere cocciutamente partigiano per i diritti dei neri, mi è piaciuta la parte comica e brillante del film (Adam Driver sempre più bravo) ma non ho sopportato i continui riferimenti a Trump (che palle, ormai le battute si somigliano) e non mi è assolutamente piaciuto il finale patetico. Per il resto Lee è un grande regista, ha ricreato perfettamente il clima degli anni settanta, degli scontri razziali e generazionali. Il film non mi ha convinto e sono uscito di sala perplesso.

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